Il Covid-19 fa meno paura, ma non per questo possiamo abbassare la guardia. Mondo delle Istituzioni e mondo della ricerca devono continuare a lavorare insieme per garantire la salute pubblica globale. Questi i messaggi chiave emersi durante il corso EMC dal titolo “Confronto interdisciplinare sulla vaccinazione COVID 19: approcci ed esperienze” che si è tenuto il 4 Aprile scorso simultaneamente in tre diverse città italiane, Torino, Roma e Napoli, e in modalità on-line, realizzato grazie alla sponsorizzazione non condizionante di Moderna.
Ci troviamo oggi in una fase di transizione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), dopo oltre 3 anni dallo scoppio della pandemia, il 5 maggio scorso ha decretato ufficialmente la fine dello stato di emergenza. È finalmente possibile cominciare a parlare di un “pre” e di un “post” pandemia, ma con cautela. Il virus continua a circolare e, come ricordato dallo stesso Direttore generale dell’Oms Tedros Ghebreyesus, “è qui per restare”. Contestualmente sempre l’Oms ha pubblicato il quarto piano strategico di preparazione e risposta al Covid, che delinea le azioni in tutte le componenti fondamentali della risposta: sorveglianza collaborativa, protezione della comunità, assistenza, accesso alle contromisure e coordinamento delle emergenze. Diversi quindi gli ambiti di intervento: dalla comunicazione all’adozione di linee guida chiare, dall’applicazione di strategie di sanità pubblica all’impiego di nuove tecnologie con dimostrata efficacia e sicurezza.
La situazione attuale
Oggi possiamo dire che il virus si è indebolito, ha perso aggressività, anche a causa delle sue tante mutazioni ma “a determinare la situazione che stiamo vivendo oggi, è stato il grande lavoro fatto con la vaccinazione”, ha ricordato Massimo Andreoni, Professore emerito di Malattie Infettive, Università Tor Vergata Roma e Direttore Scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit). “La grande campagna vaccinale che abbiamo fatto ha permesso di rafforzare l’immunità della popolazione tanto da riuscire a controllare meglio il virus”. Basti pensare al caso della Cina. In questo Paese, “poche settimane or sono, il virus è circolato in una popolazione che, per il lockdown e per la scarsa vaccinazione, non era immune e abbiamo avuto molti decessi. Quindi certamente oggi possiamo stare più tranquilli perché il virus ha perso la sua patogenicità”, grazie e soprattutto al nostro intervento di vaccinazione.
Gli indicatori epidemiologici dunque ci dicono che siamo in una fase di transizione. “Se vogliamo precisare meglio, da una fase pandemica, epidemica, si sta passando ad una fase di endemizzazione del virus; Sars-CoV-2 è sempre presente nella popolazione”, ha aggiunto Giancarlo Icardi, Direttore Dipartimento di Scienze della Salute all’Università di Genova e direttore dell’Unità operativa di Igiene del Policlinico San Martino di Genova. “Sempre i dati epidemiologici ci confermano come effettivamente questo virus dovrebbe prendere una stagionalità, perché il periodo autunno-inverno, da ottobre fino a marzo, sostanzialmente è quello in cui anche durante la pandemia abbiamo visto il numero maggiore di casi, il numero maggiore di ricoveri e purtroppo anche il numero maggiore di morti”.
Ora, come precisato Roberta Siliquini, Presidente della Società Italiana d’Igiene, Medicina preventiva e Sanità pubblica, “è ormai noto che la copertura anticorpale fornita dai vaccini disponibili, che sono sicuri e straordinariamente efficaci contro la patologia severa, si riduce nel tempo ed è acclarato che, per contenere gli effetti dell’infezione, soprattutto nei pazienti fragili, siano necessari richiami periodici”.
Ma proprio in virtù della stagionalità del virus è possibile agire con anticipo e pianificare delle corrette politiche sanitarie. “Sia l’ente regolatorio americano, la Food and Drug Administration, sia il nostro Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive hanno iniziato a ragionare su quello che potrà essere l’approccio in questa fase futura, di post pandemia”, ha ricordato ancora Icardi, e verosimilmente in tempi brevi verranno rilasciate le linee di indirizzo su come affrontare la vaccinazione contro il Covid-19 per la prossima stagione.
L’invito di Roberta Siliquini alle Autorità sanitarie è dunque quello di “provvedere in breve tempo alla definizione delle schedule vaccinali, che verosimilmente dovranno essere diverse per la popolazione generale e quella a maggior rischio per età o patologie di base, e di rendere noti, attraverso una corretta campagna informativa, i percorsi operativi necessari alla popolazione per accedere alla vaccinazione come diritto sancito dalla nostra Costituzione”.
Del resto la stessa Siliquini, in una intervista rilasciata al nostro quotidiano, a margine del Congresso mondiale di Sanità pubblica che si è tenuto recentemente a Roma, aveva ribadito appunto l’importanza di non abbassare la guardia. Citando proprio la dichiarazione di fine pandemia dell’Oms, Siliquini ha infatti ricordato che questa “non ha un significato scientifico. Ha semplicemente un significato burocratico istituzionale”. “Dichiarare la fine della pandemia significa che i Paesi non sono più liberi di mettere in atto determinate misure che possano influenzare, ad esempio, il trasporto di merci o il trasporto di persone da un Paese all’altro. Ma questo non significa assolutamente che non ci sia più un rischio correlato alla diffusione del virus Sars-Cov-2”, ha concluso l’esperta.
Mandiamo in pensione la parola “booster”
Parallelamente bisognerebbe fare una sorta di ‘pulizia comunicativa’ nella confusione esistente. La cosiddetta “infodemia” subita durante le fasi acute del Covid ha creato un fortissimo rumore di fondo con un conseguente disorientamento delle persone. “Tanto per cominciare – ha precisato Icardi – sarà importante enfatizzare il discorso di come la vaccinazione diventerà una vaccinazione stagionale”. La stessa parola “booster” è fuorviante. Oggi non è più questione di “rinforzare” le difese. Per questo è importante cominciare a parlare di “vaccinazione annuale”, come succede per l’influenza. Solo così potremo mantenere integra l’immunizzazione sviluppata. Anche perché “l’obiettivo è sostanzialmente lo stesso (dell’influenza ndr.), cioè quello di arrivare al controllo dell’infezione, al controllo della malattia, e quindi a limitare il più possibile i nuovi casi di malattia, ma soprattutto limitare le complicanze della patologia”, ha proseguito Icardi.
Dello stesso avviso è anche Massimo Andreoni che ha ribadito come oggi stiamo assistendo ad un periodo che si può definire “di esitazione alla vaccinazione”. “Le persone sono evidentemente e comprensibilmente stanche del vaccino”, ha detto l’esperto. Ma va sempre ricordato “il grande vantaggio che il vaccino ci ha dato. Oggi possiamo dire che in Italia probabilmente 150.000 persone non sono decedute grazie al vaccino”. L’appello dunque è quello di un ritorno alla vaccinazione che, con ogni probabilità, “sarà una vaccinazione stagionale, una volta all’anno”, ha aggiunto Andreoni. Questo per preservare l’immunizzazione raggiunta e continuare a proteggere le categorie fragili.
Parliamo ovviamente di “quelle categorie che hanno pagato il maggior scotto per colpa di questa malattia e dove abbiamo registrato il maggior numero di decessi”, ha precisato ancora Andreoni. E dunque parliamo delle persone più anziane, delle persone con obesità o, più in generale, con comorbidità, persone con malattie croniche debilitanti come il diabete, l’insufficienza respiratoria o l’insufficienza renale e poi dei pazienti emato-oncologici che, dovendo convivere con un tumore, hanno le difese immunitarie indebolite dalle terapie immunosoppressive.
La ricerca non si ferma
Affrontare in modo efficace la prossima stagione è possibile e non lo dicono soltanto i dati. Lo conferma anche la ricerca sui vaccini. La tecnologia a mRNA ha dimostrato la sua efficacia già durante la pandemia per velocità e flessibilità. Basti pensare al tempo, di soli 42 giorni, trascorso tra l’identificazione della precisa sequenza che avrebbe dato origine alla proteina e la realizzazione del vaccino vero e proprio. Tempistiche queste che una tecnologia tradizionale non ha. Oppure ancora al fatto che è sufficiente disporre di una unica unità produttiva per poter realizzare antigeni differenti. Quindi la tecnologia può essere utilizzata non solo per combattere virus, come nel caso del Covid, ma anche, in futuro, per la produzione di farmaci per la cura delle malattie oncologiche. Altro aspetto da tenere presente è quello della “fedeltà biologica” grazie alla quale si sono riscontrati livelli molto alti di risposta immunitaria.
Non solo. Altro punto di forza della tecnologia a mRNA è la sua trasversalità e applicabilità ad altri ambiti. Se pensiamo a largo spettro ci sono più di 200 virus che possono colpire l’uomo e solo un decimo di vaccini disponibili”, ha detto Francesca Ceddia, SVP Infectious Diseases, Medical Affairs Moderna. “Grazie alla velocità della piattaforma a mRNA, noi ci troviamo a studiare circa 21 vaccini respiratori”. Ceddia fa l’esempio del vaccino contro il virus respiratorio sinciziale (RSV). Grazie alla tecnologia a mRNA è possibile sviluppare un vaccino somministrabile a diverse fasce di età. Moderna ha infatti in corso uno studio di fase tre nell’adulto con virus respiratorio sinciziale che sta fornendo “risultati promettenti pari a circa l’84% di efficacia per la protezione e la prevenzione delle malattie respiratorie basse e con due sintomi e più”, ha ricordato Ceddia, e una sperimentazione di fase uno nei bambini nei quali il virus può portare a sviluppare bronchiolite.
Altro impiego molto importante della tecnologia a mRNA è nei vaccini contro l’influenza e questo perché, grazie alle sue caratteristiche di velocità, trasversalità e flessibilità è possibile produrlo più a ridosso dell’inizio della campagna vaccinale con un conseguente maggiore adattamento al virus in circolo in quel momento e quindi una maggiore efficacia. “Se riusciamo, tramite la tecnologia a RNA, a produrre il vaccino più tardi (rispetto alle indicazioni delle autorità in merito agli antigeni ndr.) ci saranno meno possibilità di incorrere in quello che in termini tecnici si chiama mismatch”, ha precisato Ceddia.
Infine, la piattaforma mRNA consente anche di combinare differenti antigeni insieme e quindi permette di unire più vaccini in uno come, per esempio, “l’influenza e il Covid, oppure influenza e virus respiratorio sinciziale”, ha concluso Francesca Ceddia. Va da sé quindi che questa tecnologia, grazie alla sua flessibilità, consente un risparmio per il Servizio sanitario nazionale e gioca un ruolo fondamentale in ambito di aderenza vaccinale soprattutto tra le popolazioni più anziane e più fragili. Avere la possibilità, in una unica volta, di vaccinarsi contro più virus potrebbe davvero fare la differenza nella lotta allo stigma della vaccinazione e nell’aumentare la copertura verso più malattie.