(Reuters Health) – L’esercizio fisico frequente e intenso non è associato a un aumento di “all-cause mortality” (tutti i decessi che si verificano in una popolazione, a prescindere della causa) o per cause cardiovascolari negli uomini, nonostante una corrispondenza con livelli più elevati di calcificazione delle arterie coronariche.
È quanto emerge da una ricerca condotta da Benjamin Levine e colleghi, della University of Texas Southwestern Medical Center, che ha preso in considerazione 21.758 uomini iscritti al Cooper Centre Longitudinal Study senza malattie cardiovascolari dal 1998 al 2013 (età media di riferimento 51,7 anni).
La maggior parte erano corridori, alcuni erano ciclisti, nuotatori o canottieri e un sottogruppo si cimentava in tutti e tre gli sport.
La deifinizione di esercizio fisico frequente e intenso corrisponde a un livello di attività superiore a 3000 Met (unità di equivalente metabolico) minuti a settimana, a loro volta equivalenti ad almeno 5-6 ore settimanali ad un ritmo di 10 minuti per miglio.
Lo studio
I partecipanti sono stati raggruppati in base all’attività fisica autodichiarata: 1.561 si esercitavano molto intensamente (almeno 3000 Met/min alla settimana); 3750 da 1500 a 2999 Met/min alla settimana; e 16447 meno di 1500 Met/min alla settimana.
Gli uomini sono stati classificati attraverso i punteggi Cac (Coronary artery calcium score, un esame di diagnostica per immagini che va a rintracciare e quantificare la presenza di calcificazioni nelle coronarie): 5.314 avevano livelli di almeno 100 unità di Agatston (Au, punteggio che tiene conto della misura delle calcificazioni nelle coronarie) e 16.444 avevano meno di 100 Au.
Gli uomini con almeno 3000 Met/min alla settimana avevano più probabilità di avere un Cac prevalente di almeno 100 Au (rischio relativo, 1.11) rispetto a quelli meno attivi.
Nel gruppo con almeno 3000 Met/min alla settimana, con un punteggio Cac di almeno 100 Au, il livello medio di Cac era 807 Au.
I risultati
Dopo un follow-up medio di 10,4 anni, si sono verificati 759 decessi per “all-cause mortality” e 180 decessi cardiovascolari, compresi 40 decessi “all-cause mortality” e 10 decessi cardiovascolari tra gli uomini con attività fisica di almeno 3000 Met/min alla settimana.
Inoltre, gli uomini con un punteggio Cac inferiore a 100 Au e un’attività fisica di almeno 3000 Met/min alla settimana avevano circa la metà delle probabilità di morire rispetto agli uomini con meno di 1500 Met/min alla settimana.
Nel gruppo con Cac di almeno 100 Au, gli uomini con almeno 3000 Met/min alla settimana non hanno avuto un aumento significativo di “all-cause mortality” (rapporto di rischio 0,77) rispetto agli uomini con attività fisica inferiore a 1500 Met/min alla settimana.
Tra gli uomini meno attivi, quelli con punteggi Cac di almeno 100 Au avevano il doppio delle probabilità di morire di malattia cardiovascolare rispetto a quelli con Cac inferiore a 100 Au (rapporto di rischio, 1,93).
I commenti
“Questo studio – affermano gli autori- suggerisce che vi sono prove che alti livelli di attività fisica sono associati a Cac prevalente, ma non sono associati ad un aumento di “all-cause mortality” o morte per cause cardiovascolari dopo 10 anni di follow-up, anche in presenza di livelli di Cac clinicamente significativi”.
“Sebbene abbiamo confermato che i partecipanti sottoposti a volumi più elevati di esercizio fisico hanno un rischio maggiore di avere alti livelli di Cac, questo rischio era modesto, solo l’11% – sottolinea Levine – La presenza di Cac rappresenta chiaramente l’impronta dell’aterosclerosi, ma non è la placca calcificata a preoccuparci. La placca calcificata è relativamente stabile e meno probabile che si rompa. Atleti con un alto Cac devono comunque prestare attenzione ad altri fattori di rischio cardiovascolare e controllarli nel miglior modo possibile, e la forma fisica è un modulatore positivo di tutti i livelli di rischio“.
Fonte: JAMA Cardiol 2019
Marilynn Larkin
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)