Ci sono voluti 20 di ricerche e osservazioni per scovare l’elemento mancante, quell’ingrediente segreto che rende completa la ricetta di cui sono fatti pianeti, stelle e qualsiasi altra cosa nell’universo, nascosto nei sottilissimi filamenti di gas che si intrecciamo come in una ragnatela cosmica, tanto intricati quanto deboli da percepire. La scoperta, pubblicata su Nature, si deve all’italiano Fabrizio Nicastro, dell’Osservatorio di Roma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
La scoperta
Basata sui dati del telescopio Xmm-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), la ricerca è stata condotta in collaborazione con centri di ricerca europei e americani e parla molto italiano. Hanno infatti dato un contributo importante Università di Trieste e sezione di Trieste dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Università di Roma Tre e Osservatorio di Bologna.
“Le nostre osservazioni, giunte dopo 18 anni di incessanti tentativi da parte di diversi gruppi di ricerca nel mondo, hanno finalmente individuato la materia ordinaria mancante dell’Universo”, ha detto Nicastro. Le ultime tracce della materia visibile nel suo complesso erano state trasportate dall’eco del Big Bang, ossia dalla radiazione cosmica di fondo, ma non andavano oltre i primi due o tre miliardi di anni di vita dell’universo: nessuna traccia delle particelle che la costituiscono, i barioni, nei dieci miliardi di anni successivi.
Lo stesso Nicastro aveva trovato alcune tracce della massa mancante nel 2005, quando lavorava negli Stati Uniti, presso il Centro di Astrofisica Harvard-Smithsonian di Cambridge. Le aveva individuate osservando ai raggi X il quasar chiamato 1ES 1553+113 e a 10 anni di distanza, dal 2015 al 2017, il telescopio Xmm-Newton ha osservato la stessa porzione del cielo. Combinando queste osservazioni con altre fatte in precedenza si è ottenuta una sorta di “radiografia” dettagliata del materiale che si trova tra noi e il quasar.
“Abbiamo intercettato due filamenti”, ha detto Nicastro e visto così delle deboli righe di assorbimento dovute alla presenza di enormi quantità di barioni nascosti nel materiale gassoso, fatto di idrogeno ionizzato, metalli e ossigeno molto caldo che può raggiungere temperature di milioni di gradi. Questi filamenti si estendono per milioni di anni luce tra una galassia e l’altra. “E’ stata una scoperta molto complessa – ha osservato Nicastro – perché il segnale emesso da questa materia è debolissimo e perché gli strumenti a nostra disposizione sono al limite”.
Potrà aiutare a saperne di più il prossimo telescopio a raggi X allo studio dell’Esa, chiamato Athena e il cui lancio potrebbe avvenire fra il 2018 e il 2030. La materia scomparsa è infatti una materia molto primitiva, la cui interazione con stelle e galassie potrebbe aiutare a capire molte cose dell’evoluzione dell’universo.
Adesso il quadro dell’universo è completo, anche se ancora molto misterioso: per il 70% è infatti composto da energia oscura, la cui natura è del tutto ignota; per il 25% da materia oscura non barionica e fatta di particelle ancora sconosciute; il 5% è fatto di materia barionica, ossia della materia visibile la cui metà ‘scomparsa’ è stata ritrovata adesso.