Una nuova possibile arma per ostacolare la proliferazione delle cellule tumorali risiede nel nostro sangue, precisamente nelle piastrine. I ricercatori guidati da Zheng Gu, dell’Università della Carolina del Nord, hanno infatti utilizzato sui topi delle piastrine modificate come navette per raggiungere le zone in cui il tumore era stato asportato chirurgicamente. Giunte a destinazione hanno poi rilasciato il loro carico di anticorpi monoclonali per spingere alla morte le cellule rimaste.
La ricerca
Le piastrine, si legge nello studio pubblicato sulla rivista Nature Biomedical Engineering, sfruttano infatti la naturale risposta del corpo alle ferite per eliminare tutte le cellule tumorali rimaste, fermare una ricrescita del tumore, ed impedire possibili metastasi. Nella terapia del cancro, in molti casi, la rimozione chirurgica è la prima opzione. Ma diverse cellule tumorali rimangono nei tessuti vicini, con il rischio di causare una ricomparsa del tumore nei mesi successivi, o metastasi ad altri organi. Le piastrine si accumulano naturalmente lì dove c’è la ferita, e interagiscono con le cellule tumorali rimaste in circolazione nel sangue.
Anche se c’è l’immunoterapia, che si serve degli anticorpi per attivare il sistema immunitario contro le cellule tumorali, è difficile rilasciare gli anticorpi tra le cellule tumorali in movimento in modo efficace. In questo caso i ricercatori hanno prelevato le piastrine dai topi, gli hanno attaccato un anticorpo monoclonale, usato nell’immunoterapia per spingere le cellule cancerose al suicidio, e poi le hanno reimmesse nei topi.
Si è così visto che le piastrine ‘modificate’ si muovevano lì dove era stato fatto l’intervento chirurgico, rilasciando gli anticorpi. In questo modo è stata potenziata la risposta immunitaria dei topi al cancro, aiutandoli ad eliminare una ricomparsa del tumore. Le piastrine inoltre sono delle ‘guardiane’ molto efficienti, perché sanno riconoscere le cellule tumorali in circolazione nel sangue prima che possano causare una metastasi. Prima di arrivare ad una loro applicazione sull’uomo, serviranno però altri studi.