Meno del 10% delle donne che hanno avuto una diagnosi di tumore accede a una delle tecniche di preservazione della fertilità. Fra gli uomini, il numero è leggermente superiore, ma ancora troppo basso. Ad affermarlo sono le Raccomandazioni sull’Oncofertilità firmate dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetrica (SIGO) e presentate a Roma.
Ogni anno circa 8.000 under 40 (5.000 donne e 3.000 uomini) sono colpiti da tumore, 30 ogni giorno. “Il desiderio di diventare genitori dopo la malattia è stato per troppo tempo sottovalutato – spiega Paolo Scollo, presidente SIGO – Questo documento, indirizzato alle Istituzioni, riassume i principi chiave da seguire per un cambiamento sostanziale. In ogni Regione dovrebbe essere istituito almeno un Centro di riferimento in cui operino team multidisciplinari collegati in rete con i centri oncologici ed ematologici che abbiano esperienza nella gestione di pazienti in età fertile”.
Le principali tecniche di preservazione della fertilità nella donna sono costituite dalla crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico e dall’utilizzo di farmaci per proteggere le ovaie. Nell’uomo si applica la crioconservazione del seme o del tessuto testicolare. Il materiale biologico può essere utilizzato quando il paziente ha superato la malattia. “Per i cittadini – afferma Carmine Pinto, presidente AIOM – la Rete costituirà un grande vantaggio perché, dal momento in cui al paziente viene diagnosticata una neoplasia, l’oncologo sarà in grado di metterlo direttamente in contatto con il centro pubblico di riferimento per procedere alla crioconservazione dei gameti prima dell’inizio delle terapie”.