Effettuare dei test ad hoc per valutare delle capacità mentali, dalla memoria all’attenzione fino al linguaggio, per cercare di capire come evolverà la malattia nei bambini colpiti da cancro al cervello e quindi personalizzare le terapie a seconda del livello di aggressività del tumore. A sperimentare tale metodo sono stati gli esperti del Policlinico Gemelli di Roma in uno studio pubblicato sulla rivista Child’s Nervous System e presentato al congresso annuale della Società internazionale di Neurochirurgia Pediatrica a Kobe, da Daniela Chieffo della UOC di Neuropsichiatria Infantile del Gemelli.
Lo studio
In pratica gli esperti hanno dimostrato che con una valutazione neurocognitiva – una serie di test per valutare le abilità mentali del bambino, da memoria a ragionamento, da coordinazione ad attenzione e molto altro – al momento della diagnosi di tumore cerebrale, che in età pediatrica rappresenta un caso di cancro su 4, è possibile ipotizzare quale sarà l’andamento della malattia e se si tratti di un cancro più o meno aggressivo, che cresce lentamente o molto velocemente.
L’esperta ha effettuato i ‘test cognitivi’ prima e dopo intervento in un campione di 126 piccoli pazienti con tumori cerebrali (Astrocitoma pilocitico, Medulloblastoma, Ganglioglioma, PNET, Glioblastoma), poi operati dagli specialisti dell’UOC. I ricercatori hanno visto che, valutando al momento della diagnosi la presenza e l’entità di deficit o disturbi cognitivi (di vario tipo, da attenzione a memoria etc) con test ad hoc, si possono fornire ai genitori possibili ipotesi su quale sarà l’andamento della malattia, anche suggerendo le migliori strategie rispetto all’approccio che si deciderà di adottare.
“In particolare – spiega Chieffo – dai risultati si evince che alcuni pazienti con tumore cerebrale presentano anche disturbi cognitivi specifici e che disturbi più significativi sono presenti in bambini con tumori a lenta crescita; invece il bambino con neoplasie più aggressive sembrerebbe avere un funzionamento cognitivo maggiormente preservato. L’ipotesi – conclude Chieffo – è che il tumore a lento accrescimento provochi nel tempo una maggiore riduzione di funzionamento dei circuiti responsabili delle abilità cognitive, rispetto ad una malattia con proliferazione rapida”.