(Reuters Health) – Una semplice analisi PCR di gocce di sangue (ddPCR – digital droplet PCR ) potrebbe aiutare a evidenziare le mutazioni sui due geni EGFR e KRAS, importanti per scegliere la terapia nei malati di tumore al polmone in fase avanzata. E il risparmio di tempo sarebbe notevole. È quanto hanno osservato Adrian Sacher, del Columbia University Medical Center di New York, e colleghi in uno studio pubblicato su JAMA Oncology. “Abbiamo dimostrato che i risultati di questo esame sono affidabili – ha dichiarato Sacher –. Tuttavia, se con questo metodo non si individuano le mutazioni, è necessario eseguire la procedura standard sui tessuti prelevati durante la biopsia per confermare il risultato”.
Il trattamento del tumore al polmone avanzato di tipo non a piccole cellule (NSCLC – non-small-cell lung cancer) dipende molto dalla rapida e accurata ricerca delle alterazioni sui geni EGFR, ALK e ROS1 e gli stessi autori avevano sviluppato il metodo veloce per cercare le mutazioni di EGFR e KRAS nel sangue.
La validazione del test
I ricercatori hanno ora validato il test su 180 pazienti con NSCLC in fase avanzata, di cui 120 con una nuova diagnosi e 60 resistenti alla terapia con inibitori della tirosin-chinasi. Il test è stato eseguito su tutti i pazienti, con un tempo di attesa medio pari a tre giorni lavorativi nei pazienti con nuova diagnosi e a due giorni in quelli resistenti. In confronto, la genotipizzazione sul tessuto prelevato mediante biopsia richiede 12 e 27 giorni, rispettivamente, compresi i tempi per un eventuale secondo prelievo da ripetere, se è fallito il primo tentativo.
I risultati
Il test è risultato specifico nel 100% dei casi, nella valutazione delle tre mutazioni prese in considerazione dai ricercatori, ed è stato abbastanza sensibile, con percentuali di 86% per EGFR, 69% per L858R e 64% per KRAS. Mentre per quanto riguarda le mutazioni di EGFR per la resistenza, il test ha dato una minore specificità, pari al 63%, e un valore predittivo positivo pari al 79%, che dimostra una buona accuratezza. Inoltre, l’esame ha mostrato un aumento di sensibilità nei pazienti con metastasi al fegato, alle ossa e con l’aumento del numero dei siti di localizzazione delle metastasi. Infine, in uno studio esplorativo, il test ha rivelato cambiamenti nei livelli della frequenza delle mutazioni rilevata durante la terapia.
“Una limitazione di questo test è che non riesce a rilevare altre alterazioni del DNA come variazioni del numero di copie e riarrangiamenti”, hanno sottolineato gli stessi ricercatori. “In sostanza questo test aiuta a prendere decisioni rapide sulla migliore terapia – ha dichiarato Sacher – e può risparmiare ai pazienti di doversi sottoporre a una secondo prelievo di tessuto”.
Fonte: JAMA Oncology 2016
Will Boggs MD
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)