(Reuters Health) -Gli stent autoespandibili totalmente ricoperti (cSEMS – covered self-expandable metallic stents) sono efficaci quanto i dispositivi di plastica nell’allargare i restringimenti a livello dei dotti biliari. Lo ha dimostrato uno studio pubblicato su JAMA e coordinato da Gregory Cote della Medical University of South Carolina di Charleston. “Questo tipo di stent – ha dichiarato l’esperto – ci ha permesso di trattare molti casi di stenosi biliare benigna senza dover ricorrere alla dilatazione in serie offerta dagli stent di plastica, come abbiamo fatto per decenni”. L’inserimento di stent di plastica richiede spesso più sedute di trattamento per ottenere un buon successo. Ma diversi studi clinici, anche se condotti su pochi pazienti, hanno dimostrato l’utilità dell’impianto di stent autoespandibili completamente ricoperti di materiale plastico. Per verificare questi dati, Cote e colleghi hanno messo a confronto cSEMS con dispositivi in plastica impiantati su 112 pazienti in cura presso otto centri regionali di riferimento per la colangiopancreatografia retrograda endoscopica e per il trapianto di fegato, tra Stati Uniti e Inghilterra. Tutti i pazienti si sono sottoposti al trattamento endoscopico per risolvere la stenosi del dotto biliare.
I risultati dello studio
Secondo i dati raccolti, il problema del restringimento del dotto biliare si sarebbe risolto nel 92,6% dei pazienti ai quali era stato impiantato uno stent metallico, contro l’85,4% delle persone con stent plastico. Inoltre, la risoluzione della stenosi era stata più veloce nei pazienti con cSEMS, con una media di 181 giorni rispetto ai 225 giorni necessari per curare il restringimento con stent plastici. Anche il numero di colangiografie è stato inferiore: 2,14, in media, per lo stent metallico ricoperto, contro 3,24, per quello plastico. E anche se le recidive erano più frequenti tra chi aveva ricevuto lo stent metallico, le differenze non risultavano statisticamente significative. Nessun paziente, comunque, è dovuto andare incontro a rimozione dello stent o ha subito un restringimento indotto dal dispositivo, tale da richiedere un ulteriore trattamento. La ‘migrazione’ dello stent, invece, è stata una complicanza più comune tra i pazienti con cSEMS rispetto a quelli con stent plastico.
Cote è dunque a favore dell’utilizzo di cSEMS, per lo meno quando la stenosi, normalmente larga 6 millimetri o più, è grande abbastanza da poter inserire un dispositivo metallico. “È il caso delle stenosi benigne conseguenti ad asportazione della colecisti o dovute al trattamento di pancreatiti croniche – ha spiegato Cole -. E spesso è una condizione rilevabile nei pazienti che sono andati incontro a anastomosi biliare, normalmente a seguito di un trapianto di fegato”.
Fonte: JAMA
Will Boggs MD
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)