(Reuters Health) – L’assottigliamento dello strato esterno della retina, rilevato tramite tomografia ottica computerizzata, sarebbe associato a degenerazione a livello fronto-temporale. E quanto più è sottile lo strato, maggiore è la gravità della malattia. A ipotizzarlo è uno studio coordinato da Benjamin Kim, della Scheie Eye Institute all’Università della Pennsylvania di Philadelphia. La ricerca è stata pubblicata da Neurology.
Lo studio
Kim e colleghi hanno preso in considerazione 38 pazienti con degenerazione fronto-temporale e 44 controlli visitati al centro per lo studio della degenerazione fronto-temporale (FTD) della Pennsylvania tra il 2014 e il 2016. Tutti i partecipanti si sono sottoposti a tomografia ottica e gli strati retinici sono stati segmentati singolarmente. I ricercatori hanno identificato sottogruppi di pazienti con fattori predittivi, come probabile taupatia, probabile legame al DNA della proteina 43 o patologia sconosciuta, identificati usando criteri clinici, marker genetici e biomarker a livello di fluido cerebrospinale per escludere l’Alzheimer. I ricercatori hanno quindi analizzato la regione centrale circolare della fovea, la media delle cinque regioni centrali e la media delle nove regioni della ETINA note come Early Tratment of Diabetic Retinopathy Study. Dopo aver aggiustato i dati per età, sesso e razza, Kim e colleghi hanno evidenziato che i pazienti con FTD avevano misurazioni della retina esterna significativamente più sottili e presentavano assottigliamento dello strato nucleare esterno e della zona dell’ellissoide rispetto ai pazienti-controllo. M Il sottogruppo di 31 occhi con probabile taupatia aveva anche un assottigliamento significativo dello strato nucleare esterno e della zona dell’ellissoide, rispetto agli occhi dei controlli. L’assottigliamento della retina esterna era correlato, inoltre, in modo statisticamente significativo con i risultati ottenuti con la Mini-Mental Status Examination.
I commenti
“I pazienti con degenerazione fronto-temporale possono essere difficili da distinguere, clinicamente, da quelli con l’Alzheimer, che hanno un assottigliamento della retina interna – dice Kim -. Questo suggerisce che anche le patologie neurodegenerative possono dare specifici risultati sulla retina”. Lo studio ha dimostrato che la retina è un potenziale biomarker delle patologie cerebrale”. Secondo Peter Campochiaro, del Wilmer Eye Institute della Johns Hopkins University di Baltimora, che non era coinvolto nello studio, “i fotorecettori potrebbero subire danni come quelli che causano la morte cellulare nella corteccia cerebrale e questo meccanismo potrebbe far luce sulla patogenesi della morte neuronale, caratteristica delle malattie neurodegenerative”. In realtà, però, ha sottolineato l’esperto che “molte cose causano il distacco dello strato nucleare esterno, quindi la specificità di questa scoperta come indicatore FTD è scarsa, mentre sarebbe più utile nell’ambito di un paziente con demenza in assenza di malattie alla retina”.
Fonte: Neurology
Lorraine Janeczko
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)