(Reuters Health) – Hanno sigle strane e ognuno è implicato in una determinata funzione: sono i nuovi sette geni che, secondo uno studio guidato da Ruth Chia del National Institute on Aging di Bethesda, nel Maryland, sarebbero collegati allo sviluppo della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Le nuove evidenze sono state pubblicate su Lancet Neurology.
La premessa
La fisiopatologia della SLA, che sia di forma familiare o sporadica, resta poco chiara e sono poche le terapie efficaci disponibili. Le mutazioni dei 22 geni precedentemente individuati come responsabili della SLA riguardano circa i due terzi dei casi familiari e circa il 10% dei casi di SLA sporadica.
I nuovi geni
I nuovi geni evidenziati da Chia e colleghi, invece, sono: MATR3, che sembrerebbe regolare l’espressione genica; CHCHD10, importante per la funzionalità del mitocondrio e per la bioenergetica cellulare; TUBA4A, che contribuisce all’integrità del citoscheletro cellulare; TBK1, che regola l’attività di alcune proteine target coinvolte in alcuni processi cellulari chiave della SLA; NEK1 e C21orf2, che interagiscono tra loro e sarebbero coinvolti nell’assemblaggio dei microtubuli, nella risposta e riparazione al danno del DNA e nella funzione dei mitocondri; CCNF, che sarebbe responsabile dell’ “etichettature” con ubiquitina delle proteine e della loro degradazione attraverso il sistema ubiquitina-proteasoma. Ma nell’articolo vengono citati tutti i geni associati alla SLA individuati tra il 1993 e il 2016, di cui il più importante, secondo Chia, “è C9orf72, poiché sarebbe la più comune causa alla base della malattia, familiare o sporadica, responsabile di un caso su 10 di SLA, e di un numero simile di casi di demenza fronto-temporale”, spiegato la ricercatrice.
I commenti
“Gran parte di ciò che sappiamo sulla SLA ha origine genetica – sottolinea Chia – e la genetica è importante per capire cosa causa la SLA e per progettare terapie efficaci. Tuttavia, i meccanismi precisi della malattia associati a questi geni non sono chiari e bisognerà approfondirli con studi funzionali in vivo e in vitro”. Poiché la SLA è una malattia geneticamente eterogenea e complessa, “sta emergendo un approccio da medicina personalizzata, in base al quale il trattamento è adattato alla specifica mutazione che causa la malattia in un singolo paziente. Per questo, lo screening genetico per le varianti o le mutazioni note sarà parte integrante della diagnosi, del trattamento e della prevenzione della SLA”, hanno concluso gli autori.
Fonte: Lancet Neurology
di Will Boogs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)