Identificare i profili genetici con un valore prognostico favorevole nella cura del tumore alla prostata. A questo sono arrivati i ricercatori del dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa che ha interamente finanziato il progetto durato 4 anni. Lo studio, svolto in collaborazione con l’Azienda ospedaliero universitaria pisana, l’ospedale di Pontedera (Pisa) e l’Irccs-Crob Centro di Riferimento Oncologico di Rionero in Vulture (Potenza), è stato pubblicato sulla rivista Oncotarget.
“La scoperta di biomarcatori del carcinoma della prostata, uno dei tumori a mortalità più alta, capaci di individuare i pazienti con la prognosi migliore – affermano Anna Solini e Guido Bocci – è molto utile per meglio definire il corretto approccio terapeutico nel trattamento della malattia”. I ricercatori, spiega una nota dell’ateneo, “hanno applicato un nuovo tipo di analisi dei risultati che ha portato all’identificazione di un particolare profilo genetico (costituito dalla combinazione di genotipi del vascular endothelial growth factor receptor-2 e del recettore ionotropico purinergico P2X7) che risulta associato a una maggiore sopravvivenza globale (126 mesi rispetto a 66)”. Sottoposti a questo screening non invasivo, i pazienti con prognosi sfavorevole potrebbero beneficiare fin dall’inizio di trattamenti con farmaci innovativi e, rivela lo studio, “chi ha buona prognosi potrebbe optare per un trattamento meno aggressivo tra le opzioni terapeutiche disponibili”.