Turchia (85%), India (79%), Taiwan (74%), questo il podio dei Paesi in in cui si registra una maggiore percentuale di ricercatori che si dicono religiosi. Al quarto posto l’Italia con il 57%, ma il tradizionale conflitto tra scienza e religione sembra essere poco più che un luogo comune. Ad affermarlo è una ricerca della Rice University di Houston, presentata durante una conferenza nella stessa Università, su circa 10mila fisici e biologi di 8 Paesi del mondo. A primi quattro seguono Hong Kong, Usa, Uk e Francia con il 24%.
Se si guarda a quanto i ricercatori partecipano alle funzioni religiose almeno una volta al mese, la Turchia scende al 33% e l’Italia diventa terza con il 27%. In tutti i Paesi presi in esame la percentuale di ricercatori religiosi è inferiore a quella della popolazione generale. “Solo una piccola minoranza di ricercatori in ogni contesto regionale pensa che scienza e religione siano in conflitto”, afferma Howard Ecklund, uno degli autori della ricerca. “In Gran Bretagna, ad esempio, uno dei Paesi più ‘secolari’, solo il 32% del campione ne è convinto. Per molti invece – conclude – la religione può fornire un ‘supporto etico’ nelle ‘zone grigie’ della ricerca”.