La sanità italiana promossa da Lancet. La prestigiosa rivista mette infatti il nostro paese in ‘prima fascia’ per capacità di guarire da 32 malattie. La classifica, che ci vede in dodicesima posizione, è dominata dai paesi europei e, secondo gli esperti che l’hanno stilata, segnala la superiorità dei sistemi universalistici, non a caso prevalenti nel vecchio continente.
Il rapporto, frutto della collaborazione di decine di ricercatori in tutto il mondo e basato sui dati aggiornati al 2015 del Global Burden of Diseases, ha calcolato per ognuna delle 32 malattie, dalla difterite ad alcuni tumori, un indice (Healthcare Access and Qality) costruito partendo dai dati sulla mortalità corretti per una serie di parametri specifici per ogni paese.
Al primo posto, con un punteggio combinato di 95 su 100, si piazza Andorra, seguita da Islanda, Svizzera e Svezia. L’Italia è dodicesima con 89 punti, tre sopra la Germania, mentre gli Usa sono al trentacinquesimo posto. Per il nostro paese solo la mortalità per linfoma di Hodgkin e leucemia ha un punteggio inferiore a 70, due patologie che hanno una valutazione bassa per quasi tutti gli stati, anche quelli al top. Il rapporto ci vede anche sugli scudi, con voti molto vicini a 100, anche per le malattie prevenibili da vaccino, anche se questo dato è destinato probabilmente a cambiare visto che nel 2015 non si erano ancora fatti sentire i cali delle coperture.
In generale, sottolineano gli autori, non è la ricchezza di un paese a determinare la qualità della sanità, ma l’accesso universale alle cure. Non a caso i primi venti paesi in classifica, fatta eccezione per Australia e Giappone, sono europei. “Avere un’economia forte non garantisce una buona salute – sottolinea Christopher Murray, direttore dell’Institute for Health Metrics della University of Washington e coordinatore dello studio – e anche non lo fa neanche avere una buona tecnologia medica. Lo vediamo dal fatto che ci sono molte persone che non ricevono le cure che ci si aspetterebbe per malattie con trattamenti ben conosciuti”.
Andando verso il fondo della classifica si vede che all’ultimo posto c’è la Repubblica Centrafricana, con appena 29 punti, e più in generale le performance peggiori si hanno da nazioni dell’Africa subsahariana. “Nonostante i miglioramenti degli ultimi 25 anni – sottolinea Murray – le disuguaglianze tra i paesi migliori e i peggiori stanno crescendo”