(Reuters Health) – Secondo i dati diffusi dal FertiPROTEKT, e recentemente pubblicati da Human Reproduction, la crioconservazione dei tessuti ovarici e il successivo trapianto sembrano rappresentare valide alternative per preservare la fertilità,nelle donne in trattamento per il cancro.La crioconservazione del tessuto ovarico è una tecnica relativamente nuova, e si stima che 2.500 a 6.500 donne europee ogni anno si sottopongano a crioconservazione del tessuto ovarico.
L’analisi
Partendo dall’osservazione che le tecniche di crioconservazione del tessuto ovarico sono in continua evoluzione e che sembrano avere un maggior successo, rispetto alle tecniche di crioconservazione degli ovociti, Michael von Wolff del Berna University Inselspital Hospital, in Svizzera, e colleghi hanno condotto un’analisi retrospettiva su 95 trapianti di tessuto ovarico ortotopico in 74 donne provenienti da Germania, Austria e Svizzera che erano state trattate per il cancro.
Le donne incluse nell’analisi al momento della crioconservazione avevano in media 31 anni di età e 34 anni al momento del trapianto. In questa popolazione si sono verificate 21 gravidanze (in media 6,1 mesi successivi al trapianto di tessuto) e 17 nascite. E tutte le 21 gravidanze sono seguite ad un primo trapianto. In particolare, tra le donne con insufficienza ovarica primaria (POI) precedentemente confermata che hanno subito un primo trapianto (n = 40), ci sono state 11 gravidanze con 9 nascite, e 25 (62,5%) dei tessuti trapiantati erano ancora attivi un anno dopo il trapianto.
Nelle donne con almeno un anno di follow-up, il 68% dei trapianti sono rimasti attivi dopo un anno, il 29% delle donne hanno avuto una gravidanza, e il 24% ha partorito. L’età massima al momento della raccolta dei tessuti delle donne che hanno avuto una gravidanza era di 38 anni, e si sono verificate 13 gravidanze dopo aver precedentemente confermato l’insufficienza ovarica primaria. E ancora, in 19 casi, le gravidanze si sono sviluppate spontaneamente e in 3 casi dopo la fecondazione in vitro.
Le conclusioni
Wolff ha posto particolare enfasi sulle evidenze emerse dall’analisi retrospettiva sottolineando che questa tecnica di crioconservazione tissutale rappresenta una vera alternativa valida, in quanto richiede meno tempo rispetto alle stimolazioni ovariche. a. Altri autori hanno concordato con le osservazioni del team di ricerca svizzero, precisando che in alcuni Paesi, come per esempio in Israele, la tecnica di crioconservazione tissutale ovarica è già ben consolidata e, dato il successo ottenuto, non è più considerata come approccio sperimentale. Anche Rodriguez-Wallberg, del Reproduktions Medicin center del Karolinska Institute in Svezia ha commentato positivamente i risultati dello studio, pur rilevando che mancava il confronto con altri approcci, e che i dati sulla preservazione della fertilità nelle donne con cancro sono ancora abbastanza confusi.
Fonte: Hum Reprod 2016
Will Boggs MD
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)