E’ tutta italiana la scoperta di un meccanismo nascosto che esporrebbe a rischio cardiovascolare degli individui sani. Secondo i ricercatori dell’Università Magna Graecia di Catanzaro diretti da Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID), la colpa risiederebbe nella predisposizione di un individuo, forse di base genetica, ad attaccare troppe molecole di zucchero alle proteine circolanti nel sangue (glicosilazione), che si traduce in un rischio elevato di arteriosclerosi.
La ricerca
Pubblicato su Plos One, lo studio ha dimostrato che persone che hanno una maggiore glicosilazione dell’emoglobina (ovvero un elevato ‘indice di glicosilazione’, test oggi usato per misurare il rischio cardiovascolare dei diabetici) hanno un peggiore profilo di rischio cardio-metabolico e presentano segni di aterosclerosi alle arterie carotidi (i vasi che portano l’ossigeno al cervello e che, se ‘intasati da placche’, possono portare a gravi eventi, per esempio l’ictus).
Lo studio, spiega Sesti, è stato condotto su 387 soggetti sani, quindi insospettabili sul fronte delle malattie metaboliche e cardiovascolari. emerso che le persone che mostravano una maggiore tendenza a “glicosilare” le proteine, presentavano segni di precoce aterosclerosi vascolare (presentavano aumento dello spessore della parete delle arterie carotidi, un segno precoce di aterosclerosi). Inoltre presentavano un aumento dei più comuni fattori di rischio cardiovascolare come l’accumulo di grasso sull’addome, elevati trigliceridi, eccesso di acido urico, elevati indici infiammatori e la resistenza all’azione dell’insulina.
“I risultati di questo studio – prosegue Sesti – possono avere importanti implicazioni cliniche. La misurazione dell’emoglobina glicosilata è una pratica comunemente consigliata per lo screening del diabete ma estendere la determinazione dell’indice di glicosilazione anche a persone sane potrebbe aiutare il medico a riconoscere quelle a rischio cardio-metabolico cui suggerire modifiche degli stili di vita o terapie finalizzate a prevenire lo sviluppo di malattie cardiovascolari”.