(Reuters Health) – L’efficacia della fundoplicatio non è dimostrata nel trattamento del reflusso laringofaringeo (LPR). Questo approccio andrebbe considerato solo per pazienti in cui un’alimentazione adeguata e i trattamenti medici hanno fallito.
A questa conclusione è giunta la revisione di oltre 30 studi condotto da Jerom Lechien e colleghi dell’Università di Mons, in Belgio e pubblicata da JAMA Otolaryngology-Head & Neck Surgery.
Lo studio
Per esaminare gli esiti clinici, i ricercatori hanno revisionato 34 studi che hanno coinvolto 2.190 pazienti. Ne è emerso che l’83% dei soggetti mostrava un significativo miglioramento dei sintomi dopo l’intervento chirurgico e il 67% dei pazienti si considerava guarito.
Nonostante questo apparente successo, i ricercatori hanno osservato che il numero di pazienti in ogni studio oscillava da 9 a 324 e “sia il tasso di miglioramento che di cura differivano significativamente tra gli studi, variando dal 10% al 98%”.
Inoltre, “molti segni e sintomi abituali associati al reflusso laringofaringeo non sono stati considerati negli esiti clinici”.
In aggiunta, sebbene la maggior parte degli studi (31) abbia usato i risultati dei test del pH per la diagnosi, sono stati impiegati cinque diversi tipi di test, due studi si sono serviti di vari generi di test e sette non hanno specificato il sistema adottato. In quattro studi, la diagnosi si è basata sui sintomi e sui risultati della laringoscopia.
“Otorinolaringoiatri, gastroenterologi e chirurghi devono stabilire uno standard per i criteri diagnostici, chiare indicazioni per la chirurgia e futuri esiti clinici per valutare precisamente l’efficacia del trattamento.i pazienti dovrebbero essere informati del rischio di insuccesso della fundoplicazione”, conclude Lechien,
I commenti
“La strategia ottimale per trattare i pazienti con reflusso laringofaringeo è difficile. Il ruolo della terapia chirurgica in questo gruppo di pazienti deve essere seriamente valutato prima di imbarcarsi in alterazioni anatomiche che dureranno tutta la vita e che a volte cambiano la vita”, osserva Michael Vaezi del Vanderbilt University Medical Center d Nashville, autore di un editoriale sullo studio
“La letteratura attuale è piena di dati eterogenei e incerti. Raccomando un approccio ragionato e cauto nello stabilire inizialmente che il reflusso è la possibile causa dei sintomi extraesofagei dei pazienti. Ciò in larga parte può essere stabilito dalla risposta alla terapia medica, dalla presenza di alterazioni anatomiche come l’ernia iatale e dai test fisiologici che mostrano una significativa esposizione all’acido esofageo. Per i pazienti che non presentano ernia iatale e alcun reflusso o un reflusso lieve stabilito al basale tramite il test del pH, non consiglio l’intervento chirurgico perché la risposta a breve termine ottenuta dopo la chirurgia in molti casi si rivelerà un insuccesso nel lungo periodo”.
Fonte: JAMA Otolaryngology-Head & Neck Surgery 2019
David Douglas
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)