Leggere gli impulsi elettrici del cervello legati ai movimenti e correggerli in tempo reale. Ne è in grado un dispositivo realizzato e testato su scimmie da un gruppo di ricercatori finanziati dalla fondazione di Mark Zuckerberg, creata insieme con la moglie con l’obiettivo ambizioso di ‘curare tutte le malattie’ con un budget di oltre cinque miliardi di dollari. L’esperimento è stato descritto su Nature Biomedical Engineering, e apre la strada a nuove terapie contro malattie come il Parkinson.
Il dispositivo si chiama ‘Wand’, ed è stato realizzato dall’università di Berkeley e dalla start up privata Cortera. Il ‘pacemaker cerebrale’ può monitorare il segnale di 128 punti diversi del cervello, su cui sono piazzati degli elettrodi, riuscendo a influenzarli a sua volta con una scarica. Il processo è regolato da un algoritmo in grado di separare il segnale proveniente dal cervello da quello di ritorno generato dallo stesso dispositivo, uno dei principali problemi da affrontare.
Nel test le scimmie dovevano muovere un joystick per seguire un obiettivo su uno schermo. ‘Wand’ si è dimostrato in grado di capire in anticipo quando gli animali stavano per compiere il gesto e di fermarlo con una scarica elettrica. “Questo dispositivo può essere realmente innovativo – spiega Rikky Muller, ricercatrice dell’Università di Berkeley e cofondatrice dell’azienda, nonché inserita dal Mit nella lista degli scienziati under 35 più innovativi – perché il soggetto è completamente libero di muoversi e la macchina può capire da sola quando e come interferire con i movimenti. Un giorno potrebbe avere applicazioni per una serie di malattie che colpiscono i movimenti, inclusi i traumi della spina dorsale e l’epilessia”.
Il progetto, spiega l’esperta, che ha ottenuto finanziamenti anche dal Darpa, il braccio scientifico del dipartimento della Difesa statunitense, è diverso da quello perseguito dalla stessa Facebook e da altri big, come Elon Musk, che mira invece a fare in modo che gli utenti riescano a comandare il computer con il cervello. Diversi gruppi di ricercatori stanno invece cercando il modo di interagire con il cervello per curare le malattie, ma è la prima volta che sembra possibile farlo senza apparecchi ingombranti che costringono i soggetti che li testano a restare ‘confinati’ in spazi ristretti.
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