Dei minuscoli sensori ingeribili che si autoalimentano utilizzabili per studiare la fisiologia dell’apparato digerente o per rilasciare farmaci in modo controllato. A realizzare questi piccoli dispositivi di nuova generazione con batteria che si ricarica sfruttando i succhi gastrici è stato il team di ricercatori del gastroenterologo Giovanni Traverso dell’ospedale Brigha & Women di Boston.
Il dispositivo
Le capsule ingeribili, come si legge sulla rivista Nature Biomedical Engineering, che si mandano giù con un bicchiere d’acqua e monitorano l’apparato digerente o altri parametri corporei non sono una novità. Ma il problema di questi apparecchietti miniaturizzati è come alimentarli (finora ci si è attaccata una batteria che però ha grossi limiti e non è scevra da rischi). Gli esperti hanno ideato una batteria ”naturale”, che sfrutti gli acidi dello stomaco, un po’ come la batteria al limone fai-da-te sfrutta l’acido citrico del limone. Gli esperti hanno associato a un sensore classico di temperatura due placchette (elettrodi), una di zinco e una di rame.
Fatto ingerire da maiali, una volta nello stomaco il sensore si è messo a funzionare grazie alla batteria ‘rudimentale’ ottenuta con le placchette e alimentata dai succhi gastrici dello stomaco. L’energia è stata più che sufficiente per azionare il sensore e trasmettere i dati da lui captati a un ricevitore esterno. Questi congegni potranno essere ulteriormente miniaturizzati e magari potranno accumulare energia nello stomaco da utilizzare poi nell’intestino dove la batteria non può funzionare bene (perché l’intestino non è un ambiente acido).