(Reuters Health) – La fototerapia, o terapia della luce, aiuterebbe i malati di Parkinson a dormire meglio durante la notte, con conseguenze positive sulle attività quotidiane e sulla sonnolenza diurna, che diminuirebbe. A dimostrarlo è stato uno studio clinico randomizzato coordinato da Aleksander Videnovic, del Massachusetts General Hospital di Boston. I risultati della sperimentazione sono stati pubblicati su JAMA Neurology.
La premessa
Secondo i ricercatori americani, le alterazioni del ciclo sonno-veglia sono comunemente associate al Parkinson, ma attualmente la scienza non ha indagato e trovato soluzioni adeguate a risolvere questi debilitanti effetti. La fototerapia, invece, è molto utilizzata nella medicina del sonno, ma non è mai stata studiata in modo sistematico per trattare i malati di Parkinson.
Lo studio
Videnovic e colleghi hanno testato gli effetti dell’esposizione a una luce di adeguata intensità (bright light a 10mila lux) due volte al giorno per due settimane, rispetto a un’esposizione di controllo a una luce simile a quella solare, ‘dim-red light’, in 31 pazienti con eccessiva sonnolenza diurna associata a Parkinson e senza deterioramento cognitivo. In particolare, è stato osservato un notevole miglioramento dell’ “equilibrio sonno-veglia” nei pazienti trattati con la luce “bright” – punteggio medio di 15,81 prima dell’esposizione alla terapia che è sceso a 11,19 dopo – calcolato sulla Epworth Sleepiness Scale, la scala che valuta la probabilità che una persona ha di appisolarsi o addormentarsi in diverse situazioni, come ad esempio davanti alla tv, ma anche in coda in automobile o seduto mentre si parla con qualcuno, piuttosto che mentre si legge o ci si trova in una situazione passiva in un luogo pubblico. Entrambe le fonti luminose, in realtà, hanno portato a un miglioramento della qualità del sonno, anche se secondo i ricercatori parte dell’effetto potrebbe essere “placebo”. La fototerapia ‘bright’ avrebbe anche migliorato diversi parametri riferiti dai pazienti tra cui la frammentazione e la qualità del sonno e la facilità ad addormentarsi. Inoltre, il trattamento con luce bright sarebbe stato associato a una maggiore attività fisica quotidiana. E i benefici restavano anche dopo due settimane dall’interruzione del trattamento. La terapia, infine, sarebbe stata ben tollerate e l’aderenza al trattamento ‘eccellente’.
I commenti
“Sulla base di questi risultati, il passo successivo dovrebbe essere quello di ottimizzare i vari parametri della fototerapia, come intensità, durata dell’esposizione e lunghezza d’onda, per studiare gli effetti anche su altre manifestazioni non motorie del Parkinson”, hanno concluso i ricercatori. Birgit Hogl, neurologa al Medical University di Innsbruck, in Austria, in un editoriale che accompagnava l’articolo ha sottolineato che “questo studio è importante perché introduce un nuovo concetto nel fenomeno dei disturbi del sonno associati al Parkinson e anche se non è il primo studio di questo tipo – ha concluso – unisce le poche ricerche a disposizione grazie a un disegno sperimentale ben eseguito”.
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)