(Reuters Health) – Una firma genica nelle sottoclassi di linfociti T CD4 e CD8 dei pazienti con malattia di Parkinson potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti e test diagnostici. È quanto ipotizza un team guidato da Cecilia Lindestam Arlehamn e Alessandro Sette, del La Jolla Institute for Immunology, in California (USA), che ha pubblicato uno studio su npj Parkinson’s Disease.
Sebbene l’eziologia della malattia di Parkinson sia in gran parte sconosciuta, recenti evidenze suggeriscono la presenza di caratteristiche autoimmuni, con un probabile coinvolgimento anche dei linfociti T. Per caratterizzare ulteriormente il ruolo di queste cellule, i ricercatori americani hanno sequenziato l’RNA di linfociti T appartenenti alle sottoclassi CD4 e CD8 da 34 pazienti con malattia di Parkison, per confrontarle con quelle provenienti da 19 controlli sani.
Quando i risultati sono stati stratificati in base alla risposta delle cellule T all’alfa-sinucleina per la risposta autoimmune infiammatoria continua, i ricercatori hanno notato un ampio profilo di espressione genica differenziale nei CD4 e CD8 e una specifica firma genica associata alla malattia di Parkinson.
In particolare, gli autori hanno identificato “un significativo arricchimento delle firme trascrittomiche precedentemente associate alla malattia di Parkinson, inclusi stress ossidativo, fosforilazione, autofagia dei mitocondri, metabolismo del colesterolo e infiammazione, e le proteine del signaling delle chemochine CX3CR1, CCR5 e CCR1”.
Inoltre, il team ha identificato, nelle cellule analizzate, i geni che potrebbero essere coinvolti nella patogenesi della malattia di Parkinson ed espressi nei neuroni, come LRKK2, LAMP3 e acquaporina. E queste evidenze, insieme, suggeriscono che “le caratteristiche dei linfociti T circolanti con risposte specifiche all’alfa-sinucleina forniscono informazioni sui processi che si verificano durante la patogenesi della malattia di Parkinson e suggeriscono potenziali obiettivi di intervento”, hanno sottolineato gli autori.
“La malattia di Parkinson non è vista, di solito, come una malattia autoimmune, ma tutto il nostro lavoro punta sul fatto che i linfociti T abbiano un ruolo nella malattia”, spiega Lindestam Arlehamn. “Ora che possiamo vedere cosa stanno facendo queste cellule T, pensiamo che intervenire con terapie a base di anticorpi potrebbe avere un impatto sulla progressione della malattia, soprattutto all’inizio”, conclude Sette.
Fonte: npj Parkinson’s Disease
Reuters Staff
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)