Ognuno di noi riesce a mantenere relazioni stabili con circa 150 persone. È questa la teoria nota come “numero di Dunbar”, secondo cui l’architettura stessa del cervello umano pone un limite massimo alle vite sociali. La teoria, elaborata dall’antropologo Robin Dunbar e proposta negli anni ’90, non ha però basi solide secondo uno studio dell’Università di Stoccolma, pubblicato su Biology Letters. Il numero di amici può essere anche di più’ . I ricercatori ricordano che il numero 150 si basa su un’estrapolazione della correlazione tra il volume della neocorteccia dei primati e la quantità di amici che è possibile avere. Alcuni studi empirici hanno supportato questa teoria, altri no e adesso la nuova ricerca spiega che un limite in questo senso per gli umani non può essere derivato in questo modo. E’ possibile avere più di 150 amici, ma anche meno. “Una stima precisa per gli esseri umani utilizzando metodi e dati disponibili non e’ possibile effettuarla”, secondo Andreas Wartel, coautore dello studio.
“Le basi teoriche del numero di Dunbar – evidenzia poi Patrik Lindenfors, altro autore dello studio- sono instabili. Il cervello di altri primati non gestisce le informazioni esattamente come fa quello umano e la socialità dei primati è spiegata principalmente da altri fattori oltre al cervello, come ciò che mangiano e chi sono i loro predatori. Inoltre, gli esseri umani hanno una grande variazione nella dimensione dei loro network sociali”. Quando i ricercatori svedesi hanno ripetuto le analisi di Dunbar utilizzando metodi statistici moderni e dati aggiornati sui cervelli dei primati, i risultati erano simultaneamente molto più grandi e molto inferiori a 150. La dimensione massima media del gruppo sociale si è in diversi casi rivelata inferiore a 150 persone ( al massimo di 109).
Ma il problema principale era che gli intervalli di confidenza, cioè di valori plausibili, al 95% per queste stime erano compresi tra 2 e 520 persone. “Specificare un numero qualsiasi è quindi inutile”, secondo i ricercatori, che scrivono in conclusione che “la speranza, anche se forse futile, è che questo studio metta fine all’uso del “numero di Dunbar” nella scienza e nei media. Tale numero è un concetto con un fondamento teorico limitato e privo di supporto empirico”.