“La saggezza arriva con gli inverni (l’età che passa)” secondo lo scrittore e poeta Oscar Wilde. Ma una nuova ricerca suggerisce che ciò potrebbe non essere vero, almeno non nel mondo reale. La dottoressa Judith Glück, psicologa dell’Università di Klagenfurt in Austria, ha condotto una revisione di studi precedenti che collegavano l’età alla saggezza. La conclusione, pubblicata sulla rivista Current Opinion in Psychology, è che “le relazioni statistiche tra saggezza ed età cronologica non sono forti”, nonostante i presupposti e le rappresentazioni che vanno in questa direzione nella cultura popolare.
“Né invecchiare né semplicemente accumulare esperienze di vita è sufficiente per diventare saggi”, afferma la dott.ssa Glück nell’articolo. L’esperta sostiene inoltre che “non esiste una traiettoria universale per lo sviluppo della saggezza”: in altre parole, le persone non diventano sagge automaticamente nel tempo. Sono invece le ‘esperienze di vita’, e non il tempo, a determinare lo sviluppo della saggezza, ma queste non riguardano solo le persone anziane. Se e quanto gli individui progrediscono verso la saggezza dipende da ‘costellazioni’ individuali di esperienze di vita e da risorse intrapersonali e interpersonali”.
La saggezza per la dottoressa Glück è anche “una risorsa per affrontare sfide come la solitudine”, soprattutto in età avanzata. Ma può anche diminuire con l’età, perché ‘alcune delle sue componenti lo fanno’ come la capacità di cogliere problemi complessi o di regolare le emozioni in situazioni stressanti. Inoltre, anche il ruolo e la rilevanza di risorse come l’apertura mentale, la compassione e la regolazione delle emozioni, necessarie per la saggezza, “potrebbero cambiare con l’età”. A volte l’età arriva da sola, senza necessariamente saggezza: è piuttosto questo che la revisione degli studi scientifici suggerisce.