Entro il 2030 si sposteranno nelle città un miliardo e mezzo di persone causando una estensione dei centri urbani di 1,5 milioni di km quadri esattamente come Francia, Germania e Spagna messe assieme. Il conseguente rischio però è quello per la salute visto che il vivere in città è associato a poca attività fisica, eccessiva alimentazione e più alto tasso di malattie croniche come obesità e diabete. A fare il punto è il nuovo numero della rivista Health Policy in Non Communicable Diseases, edita da Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation, presentato a Roma.
Gli attuali 7,3 miliardi di cittadini del mondo diventeranno 8,5 miliardi entro il 2030 e 11,2 miliardi nel 2100, secondo il rapporto World Population Prospects 2015 delle Nazioni Unite. “E’ un fenomeno inarrestabile – spiega Andrea Lenzi, presidente del Comitato Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio – che va gestito sotto numerosi punti di vista quali trasporti, occupazione e salute pubblica,
perché l’inurbamento è legato l’aumento di malattie croniche non trasmissibili”.
Tra queste il diabete, che colpisce nel mondo 415 milioni di persone (due terzi delle quali risiedono in città) un numero che aumenterà del 50% entro 25 anni, fino a raggiungere i 642 milioni. O come l’obesità, cresciuta negli ultimi 40 anni del 600 per cento, dai 105 milioni di obesi nel 1975 ai 640 milioni di oggi. Per questo, nel 2015, 193 stati membri delle Nazioni Unite hanno identificato tra gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, anche quello di realizzare interventi per rendere la città inclusiva e sicura.
“Le città oggi sono chiamate a rispondere alle drammatiche transizioni demografiche ed epidemiologiche in atto”, sottolinea Walter Ricciardi, presidente Istituto superiore di sanità (Iss). Questo è anche l’obiettivo del programma Cities Changing Diabetes, che coinvolge istituzioni, amministrazioni, accademia e terzo settore, e che ha scelto Roma come capitale 2017.