Dal 1970 la speranza di vita nel mondo è aumentata moltissimo. Le persone vivono più di 10 anni più a lungo. Questa è la buona notizia. Quella cattiva consiste nel fatto che a partire dai 25-30 anni il cervello inizia ad avvizzire, diminuendo in peso ed in volume, e potenzialmente perdendo alcune delle sue abilità funzionali. Benché la vita delle persone duri più a lungo, gli anni guadagnati spesso comportano il rischio di malattie mentali e neurodegenerative, ma un nuovo studio ha dimostrato che la meditazione potrebbe rappresentare un metodo per diminuire il rischio. Essa, infatti, sembra preservare la materia grigia cerebrale, il tessuto che contiene i neuroni, agendo diffusamente sull’intera area cerebrale.
Benché molte ricerche si siano focalizzate sull’identificazione di fattori che incrementano il rischio di malattie mentali e il declino neurodegenerativo, è stata dedicata relativamente meno attenzione agli approcci atti a migliorare la salute cerebrale. Non è stato ancora possibile stabilire una chiara correlazione causale fra meditazione e preservazione della materia grigia cerebrale, dato che vi sono fin troppi altri fattori da tenere in considerazione, fra cui scelte relative allo stile di vita, tratti della personalità e differenze genetiche cerebrali. I dati disponibili sono comunque promettenti e l’accumulo di evidenze a supporto della capacità di alterazione cerebrale della meditazione potrebbe in ultima analisi consentire un’effettiva traslazione dalla ricerca alla pratica, non solo nel contesto dell’invecchiamento sano, ma anche di quello patologico. (Frontiers in Psychology, 2015; 5)