Aumentano i casi di malattie tropicali in Italia, ma non la disponibilità dei farmaci per curarli. A lanciare l’allarme sono gli esperti italiani di Medicina tropicale riunitisi a Verona nel Centro Malattie Tropicali dell’ospedale Sacro Cuore di Negrar, per il convegno “Invermectin days”.
Il problema
Al ritorno da un safari in Kenya, febbre alta e brividi. La corsa in ospedale: è malaria, ma il farmaco d’eccellenza per curare questa grave patologia, l’artesunato, non è disponibile perché in Italia non ha l’autorizzazione per l’immissione in commercio. E’ invece utilizzabile il chinino, che tuttavia in caso di malaria grave non è altrettanto efficace. Stessa sorte per il migrante con la schistosomiasi, malattia di cui al mondo si stima soffrano 240 milioni di persone e da cui non è indenne nemmeno il viaggiatore che si bagna nei fiumi e nei laghi in area tropicale. Il praziquantel, il farmaco per curarlo, deve essere richiesto all’estero.
Emblematico il titolo del convegno: “Invermectin days”, dal nome del farmaco che due anni fa valse il Nobel della Medicina all’irlandese Campbell, al giapponese Omura e alla cinese Tu, ma che in Italia non è registrato, nonostante sia indicato per molte malattie, tanto da essere definito “wonder drug”. Tra queste patologie – è stato detto – rientra anche la scabbia: è sufficiente una sola dose, ripetuta due volte, per debellare la banale, ma contagiosa, infestazione cutanea. Oggi vengono impiegati dei trattamenti locali a base di creme, di difficile gestione soprattutto in ambienti come i centri di accoglienza dei migranti.
“Con l’abitudine dei viaggi internazionali e l’intensificarsi del fenomeno migratorio, il quadro epidemiologico in Italia è fortemente cambiato – ha detto Alessandro Bartoloni, presidente della Società Italiana di Medicina Tropicale e Salute Globale – Le patologie in questione hanno conseguenze molto gravi in termini di invalidità, decessi evitabili e costi economici, perché le complicanze richiedono ricoveri e cure costose. Ci appelliamo ancora alle istituzioni perché i farmaci per curarle siano resi disponibili nel Servizio sanitario nazionale”.
“La soluzione migliore – hanno sottolineato i medici presenti all’incontro – rimane l’autorizzazione dell’immissione in commercio di tali farmaci. Poiché oggi la richiesta può essere fatta solo dall’Azienda produttrice, chiediamo che ciò sia permesso anche al singolo ospedale, o in alternativa siano autorizzati alcuni Centri per l’approvvigionamento, la detenzione e la distribuzione del farmaco”.