Italiani bocciati sulla conoscenza delle malattie reumatiche. Pensano che possano colpire solo in età avanzata, che si possano sempre prevenire e uno su 3 ritiene che facciano la loro comparsa con freddo e umidità. A porre l’attenzione su questo problema è l’APMAR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Reumatiche che lancia un appello “lo Stato deve investire risorse per dare dignità e diritti alle persone con malattie reumatologiche: sono 22 milioni le giornate lavoro perse all’anno in Italia con un calo di 3 miliardi della produttività”.
I numeri in Italia
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le malattie reumatiche sono la prima causa di dolore e disabilità in Europa. Nel nostro Paese ne soffrono più di 5 milioni di persone di ogni età, ma le malattie reumatiche sono ancora sottovalutate; la stragrande maggioranza degli italiani le associa principalmente ai comuni mal di schiena come lombalgia (56%) e sciatalgia (52%), pensa che insorgano solo nella terza età (34%) e che siano dovute soprattutto a fattori ambientali come freddo e umidità (32%). Il 23% degli italiani ritiene poi che si possano sempre prevenire e che per curarle, oltre ai farmaci appositi (26%), possa essere sufficiente fare attenzione all’alimentazione (13%) e agli sforzi fisici (21%). E’ quanto emerge da uno studio condotto dall’Osservatorio APMAR su circa 4.500 italiani tra i 20 e i 65 anni attraverso un monitoraggio della rete con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) in occasione del convegno “Malattie reumatiche, APMAR e le sfide di domani”.
“Per la persona affetta da malattie reumatiche una buona informazione rappresenta uno degli aspetti più importanti del successo terapeutico – afferma Antonella Celano, presidente di APMAR – Ma non dimentichiamo il grande impatto sociale che le malattie reumatiche hanno anche dal punto di vista economico: è ancora troppo alto l’onere che ne deriva per il singolo cittadino e per lo Stato, sia per i costi diretti sanitari e non sanitari (ricoveri ospedalieri, indagini diagnostiche, farmaci, riabilitazione, terapia termale; assistenza domiciliare al paziente, ecc.) sia per i costi indiretti (giornate di lavoro perse, invalidità, ecc.) che sono circa il doppio di quelli diretti”.
Un impatto che si traduce in numeri e che vede al centro un giusto riconoscimento dei diritti del paziente da parte dello Stato: come dimostrato dalla SIR (Società Italiana di Reumatologia), circa il 50% dei pazienti con malattie reumatiche muscolo-scheletriche croniche manifesta disabilità e otto persone su dieci sono costrette a convivere col dolore cronico, il che si traduce in oltre 22 milioni di giornate di lavoro perse ogni anno che corrispondono a un calo di produttività di 2 miliardi e 800 milioni di euro. “Alla luce di questi dati – continua Celano – è importante che lo Stato si prenda carico della cura delle persone affette da malattie reumatologiche e che non si parli più di costi della salute ma di investimento in salute”. Anche il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, commentando il tema del convegno organizzato da APMAR, ha sottolineato come “L’iniziativa costituirà un’occasione preziosa per affrontare temi di grande attualità e di evidente interesse”.
Quali sono le principali malattie reumatiche?
Ai primi posti gli italiani collocano la lombalgia (56%) e la sciatalgia (52%). Seguono poi artrosi (51%), artrite (48%), osteoporosi (36%), gotta (22%), lupus eritematoso sistemico (19%), sclerodermia (14%), sindrome di Sjogren (11%). “Le malattie cronico-degenerative sono la grande emergenza di tutti i Paesi sviluppati, a causa dell’aumento dell’età media e degli stili di vita non salutari – spiega la senatrice Emilia Grazia De Biasi, Presidente della XII Commissione permanente Igiene e Sanità del Senato – Le malattie reumatiche non sfuggono a questa regola, avendo alcune di esse tra i fattori causali la sedentarietà.
E’ chiaro che la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e della classe politica intorno alle patologie reumatiche e rare è la prima cosa, ma non basta. Occorre un deciso passo in avanti, che metta a disposizione di tutti i cittadini affetti da queste malattie servizi sanitari efficienti, farmaci sicuri ed efficaci, opportunità per la riabilitazione, sostegno sociale per chi ne ha bisogno. Siamo in periodo di legge di stabilità e già si paventano nuovi tagli di circa un miliardo che speriamo di scongiurare. La Sanità viene percepita come un serbatoio di risorse dal quale il Governo si è abituato ad attingere, nella convinzione che sia un ricettacolo di sprechi. Noi sappiamo che la sostenibilità del sistema è a rischio e purtuttavia dobbiamo dare risposte”.
Quante tipologie di malattie reumatiche esistono?
Per un italiano su 3 (33%) sono tra dieci e venti quando in realtà superano le 150, risposta corretta data da appena il 5% dei soggetti monitorati. Il 12% poi ritiene che siano massimo cinque, il 26% che siano tra cinque e dieci, l’11% che siano più di 20 e il 10% che superino le cinquanta tipologie.
Ma a che età possono colpire?
Per il 34% degli italiani possono insorgere solo in età avanzata mentre solo il 21% ritiene correttamente che non ci sia un’età specifica perché colpiscano. Il 19% risponde poi che possono arrivare fin da piccoli e non mancano infine coloro (15%) che pensano possano colpire durante l’età adolescenziale. “Le malattie reumatologiche – spiega Luigi Sinigaglia, reumatologo all’Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano – sono moltissime e molto variegate, tanto che noi diciamo che il primo fondamentale passo per organizzare una terapia efficace è sempre basato su una diagnosi precisa. Le malattie reumatiche hanno in comune il fatto di colpire le diverse strutture dell’apparato locomotore (non solo le articolazioni quindi, ma anche i muscoli, i tendini e lo scheletro)”.
“Una delle concezioni del tutto falsa è che le malattie reumatiche colpiscano solo gli anziani. Esistono certamente malattie che hanno una maggior prevalenza nei soggetti anziani, ma la maggior parte colpiscono soggetti giovani, in piena attività lavorativa. Ne sono un esempio l’artrite reumatoide e le spondiloartriti che di solito iniziano in giovane età, così come le malattie sistemiche del connettivo che sono più tipiche della donna in età fertile. Alcune malattie invece, a volte gravissime, possono colpire persino i bambini”.
A cosa sono dovute le malattie reumatiche?
Ben un italiano su 3 (32%) è convinto che siano legate ai fattori ambientali, come freddo e umidità. Il 21% degli italiani pensa poi che si trasmettano col patrimonio genetico mentre un quarto dei soggetti monitorati (25%) pensa che dipendano principalmente dalla vecchiaia.
Si possono prevenire?
Anche in questo caso la maggior parte degli italiani dimostra diverse lacune. Il 23% infatti ritiene che queste patologie siano sempre scongiurabili, il 15% pensa che la prevenzione possa esserci solo per alcune malattie mentre il 14% crede che si possano prevenire ma non sempre. Appena il 23% risponde correttamente dicendo non si possono mai prevenire.
Quali effetti possono produrre?
Per il 29% degli italiani possono produrre quei “classici dolori che vanno e vengono col cambio di stagione” mentre per un quarto dei soggetti coinvolti nello studio (24%) possono portare a perdita di autonomia funzionale. Il 23% ritiene poi che possano nel tempo concorrere a peggiore la qualità della vita mentre il 13% pensa che possano portare a disabilità.
Quali parti del corpo possono principalmente colpire?
Il 52% degli italiani indica nella schiena la zona più a rischio. Seguono poi le gambe (47%), le braccia (38%), le ossa (36%), i muscoli (33%), il collo (31%) e infine organi e muscoli vari (22%). Tra i sintomi con cui si manifestano, invece, gli italiani indicano dolori e indolenzimento (23%), rossore alle articolazioni (16%), sensazione di calore (15%), debolezza (14%), movimenti difficoltosi (11%).
Come si possono curare le malattie reumatiche?
Un quarto degli italiani (26%) ritiene che si possano curare attraverso farmaci specifici. Il 21% pensa invece che sia sufficiente evitare gli sforzi. C’è poi che ritiene che possa bastare fare attenzione semplicemente all’alimentazione (18%), chi reputa che occorra fare più attività fisica (13%) e chi, infine, ritiene che non si possano affatto curare (17%).