Deterioramento cognitivo e malattia renale hanno una stretta correlazione, e anzi già dalle prime fasi, la seconda potrebbe innescare il primo. A rivelarlo è una ricerca guidata da Giovambattista Capasso, dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, pubblicata su Nephrology Dialysis Transplantation.
Il legame tra disfunzione cerebrale e malattia renale avanzata è stato notato per la prima volta nel 1930, quindi non è una novità. Ciò che è nuovo, invece, è la scoperta che un lieve deterioramento cognitivo può già essere presente nelle prime fasi della malattia renale cronica, interessando circa uno su due tra i pazienti con insufficienza renale cronica (la prevalenza varia negli studi tra il 30% e il 60%). In contrasto con la demenza “normale”, quella correlata alla malattia reale cronica non è legata all’età, il che significa che il deficit cognitivo supera quello atteso dal normale processo di invecchiamento.
La dialisi non aiuta o interrompe questo processo, quindi gli esperti ritengono che proprio i fattori che non sono completamente corretti con questa procedura possano favorire il processo di compromissione cognitiva.”Un dato interessante, tuttavia, è che il trapianto di rene sembra rallentare il declino cognitivo” spiega Capasso.
“La malattia renale cronica colpisce ovviamente il corpo e il cervello – aggiunge l’esperto – quest’ultimo è stato trascurato dalla ricerca, ma nuovi strumenti nelle neuroscienze promettono di dare ulteriori approfondimenti sulla patogenesi del declino cognitivo, in modo da poter identificare target terapeutici e poterlo trattare un giorno”.
“Fino ad allora – conclude Carmine Zoccali, presidente dell’Era-Edta (European Renal Association – European Dialysis and Transplant Association) – dobbiamo essere consapevoli che la malattia renale cronica è grave e colpisce anche altri sistemi di organi e il cervello, anche nelle prime fasi. Questo è il motivo per cui dovremmo rafforzare le strategie di prevenzione”.