“Ogni anno muoiono circa 4 milioni di persone in Europa per problemi cardiovascolari, 10 nel mondo. Si stima che nel 2030 ci saranno 25 milioni di decessi per queste cause”. Nel terzo e ultimo Regional Summit dedicato alla salute cardiovascolare, Giuseppe Tarantini, presidente Gise (Società italiana di chirurgia interventistica) ha ricordato qualche numero di quello che è il killer numero 1 al mondo.
Nella terza puntata del format Sics, reso possibile dal supporto incondizionato di Medtronic, si sono affrontati i problemi delle Regioni del Sud Italia ed è stata l’occasione per trarre le fila del viaggio virtuale nella nostra penisola.
“Dai nostri dati, nei mesi di marzo e aprile 2020 c’è stato in tutto il Paese un drastico calo dell’attività cardiologica interventistica, un enorme allungamento delle liste d’attesa e una generalizzata paura dei pazienti a recarsi in ospedale. In questi mesi vediamo che ai danni per la mancata presa in carico si sommano quelli dell’assenza di un piano di ripartenza cardiovascolare”.
Roberto De Ponti, Presidente Aiac (Associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione), ha ricordato che durante la pandemia la mortalità per infarto miocardico è triplicata, vanificando tutti gli sforzi fatti negli ultimi 30 anni: “Siamo in una fase della storia della medicina che non avremmo mai voluto vedere”, ha affermato l’esperto.
La situazione del Sud Italia
I rappresentanti delle società scientifiche di Puglia, Campania e Sicilia hanno evidenziato in particolare la mancata retribuzione del monitoraggio dei dispositivi impiantati da remoto, attività per la quale serve, oltre alla tecnologia, anche personale formato e un modello organizzativo a supporto. Gli esperti hanno inoltre auspicato una maggiore attenzione per le patologie tempo-dipendenti come quelle cardiovascolari.
Nicola Guarente, coordinatore medico V Commissione Sanità e Sicurezza sociale Regione Campania, ha affermato che le Regioni oggi devono promuovere la medicina territoriale, in linea con le indicazioni fornite a livello nazionale, ottimizzando le risorse già presenti (come mmg, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali) e favorendo l’utilizzo risorse sanitarie accessorie per formare personale esistente e arruolare nuove forze. “Con il Recovery Fund abbiamo un’occasione storica e dobbiamo riuscire a spendere bene – ha ricordato – Come Commissione siamo aperti ad ascoltare tutti i presidenti delle società scientifiche per promuovere una sinergia efficace che migliori l’assistenza dei pazienti cardiologici sul territorio”.
Margherita La Rocca Ruvolo, presidente Commissione Salute Regione Sicilia, ha evidenziato come “il Covid abbia accentuato problemi già presenti sul territorio, e non solo al Sud. La politica oggi deve fare i conti con una medicina territoriale che non c’è. La telemedicina di cui tanto si è parlato negli ultimi anni non è mai partita. In questi mesi moltissime persone hanno rinunciato a curarsi e noi non abbiamo contezza di quanti siano. Anche noi siamo pronti a collaborare con le società scientifiche per avere i dati su cui basare le nostre decisioni”.
Importante pensare in modo concreto al futuro
In chiusura, i presidenti nazionali di Gise e Aiac hanno tirato le somme di questi tre incontri.
“Sono due le mie considerazioni – ha premesso De Ponti – Se è vero che la pandemia ha fatto emergere tutto quello che non andava nella sanità italiana, è vero anche che forse avevamo un po’ dimenticato quali fossero i problemi. Alcuni di questi arrivano da lontano, come il collo di bottiglia delle Scuole di specialità. Credo che sia arrivato il momento di mettere in fila ciò che non va e cercare di cambiare prospettiva”. La seconda considerazione riguarda invece l’informazione: “Si è parlato di infodemia: purtroppo, accanto a dati corretti abbiamo assistito a una cattiva comunicazione che ha contribuito a tenere i pazienti lontani dagli ospedali. Sappiamo che oggi i Pronto soccorso sono sicuri, mentre il Covid purtroppo si può prendere anche al supermercato”.
Tarantini ha invece riflettuto sulla mancanza di progettualità: “A oltre un anno dall’inizio della pandemia, non mi sembra che si stia parlando di ripartenza – ha osservato – Penso sia importante parlare di ricostruzione del futuro, di ripresa delle liste d’attesa. Per farlo, serve per esempio un sistema che sia in grado di intercettare quando un paziente che attende un intervento si aggrava. Oltre 10 mesi fa noi società scientifiche abbiamo presentato un piano al Governo, che però è ancora fermo ai tavoli tecnici. Noi siamo a disposizione, ma dobbiamo ricominciare a parlare di futuro per dare speranza alle persone”.