(Reuters Health) – Nel latte materno delle pazienti affette da malattia infiammatoria cronica intestinale (IBD) e trattate con vedolizumab, le concentrazioni di farmaco rilevate sono minime e non tali da indurre problemi al sistema immunitario del lattante. A rivelarlo uno studio realizzato dai ricercatori dell’Università di Tel Aviv e pubblicato sul Journal of Crohn’s and Colitis.
La premessa
Ad oggi l’allattamento al seno, nelle donne con Ibd, è tipicamente sostenuto e numerosi studi sulle neomamme in trattamento con infliximab, adalimumab e natalizumab hanno dimostrato che l’assunzione di questi farmaci durante l’allattamento non ha effetti negativi sullo sviluppo dei neonati, spiegano i ricercatori. In questo nuovo studio, “abbiamo visto che le concentrazioni di vedolizumab nel latte materno sono minime e pertanto non sarebbero in grado di indurre la soppressione immunitaria sistemica o gastrointestinale del neonato”, afferma Adi Lahat dell’Università di Tel Aviv.
Lo studio
I ricercatori hanno reclutato 8 pazienti affette da Ibd subito dopo il parto. Di queste, 5 stavano assumendo vedolizumab quando sono rimaste incinte e 3 hanno iniziato ad assumere il farmaco dopo che avevano cominciato ad allattare al seno. Tutte e cinque le donne che stavano già assumendo vedolizumab presentavano tracce del farmaco nel loro latte, con concentrazioni massime di 478 ng/ml, molto più basse di quelli sierici (fino a 18.000 mg/ml). Il momento in cui il farmaco biologico aveva raggiunto il picco di concentrazione nel latte materno era 3-4 giorni dopo l’infusione, per poi diminuire gradualmente. I neonati delle pazienti affette IBD sono stati seguiti fino a 10 mesi, e i ricercatori non hanno rilevato nei bimbi né problemi gastrointestinali, né altre infezioni, né alterazioni dello sviluppo. “Il livello di farmaco nel latte materno è minimo ed è ancora minore nel siero – hanno scritto Lahat e colleghi – queste minime concentrazioni, inoltre, possono venire ulteriormente degradate dall’attività intestinale proteolitica del neonato e quindi avere un effetto trascurabile sul sistema immunitario infantile. Naturalmente occorrono ulteriori studi per capire a fondo gli eventuali effetti sistemici dell’assunzione orale di vedolizumab sul neonato allattato”.
Fonte: Journal Crohn’s and Colitis
di Reuters staff
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)