Nel Dna dell’orso bruno di oggi si conserva ancora una piccola parte di quello dell’antico orso delle caverne, ormai estinto. A scoprilo è stata una ricerca condotta da biologi e biochimici tedeschi guidati da Alex Barlow, dell’Università di Potdsdam, a cui ha partecipato anche Giorgio Bertorelle, professore di Genetica all’Università di Ferrara. Lo studio è pubblicato online sulla rivista Nature Ecology & Evolution.
Lo studio
Utilizzando le moderne tecniche di sequenziamento del Dna antico, i ricercatori hanno ottenuto i genomi di quattro orsi delle caverne, datati tra i 25.000 e i 70.000 anni, e li hanno confrontati con quelli di orsi bruni moderni. La conclusione è stata che circa il 2% del genoma dell’orso bruno discende da un’ibridazione avvenuta decine di migliaia di anni fa con l’orso delle caverne, due specie diverse che coesistevano in Europa.
“Questi studi – spiega Bertorelle – sono simili a quelli che stanno indagando l’ibridazione avvenuta in passato tra uomo moderno e forme arcaiche estinte come Neanderthal e Denisova. Si sa per esempio che nei genomi di alcune popolazioni di Homo Sapiens è possibile ritrovare alcuni frammenti di Dna ‘introgressi’, cioè incorporati, durante antiche ibridazioni”.
Da quando si studiano genomi interi in cui è noto tutto il Dna di un individuo, ci si è resi conto dell’importanza dell’ibridazione durante l’evoluzione: la separazione di gruppi può portare alla formazione di specie diverse, ma a volte ci possono essere eventi riproduttivi tra specie che portano a scambiare pezzi di genoma, in alcuni casi facendo in modo che specie estinte in realtà possano in parte sopravvivere.
“Bisogna capire – conclude Bertorelle – perché alcuni pezzetti di Dna resistono nei genomi moderni. Potrebbe essere il caso, ma sembra che anche la selezione naturale possa giocare un ruolo, quando un gene della specie estinta conferisce un vantaggio alla specie che sopravvive”.