(Reuters Health) – Gli orari in cui consumiamo i pasti hanno una diretta influenza sul sistema circadiano, alterando l’orologio biologico dei lavoratori turnisti, di chi è alle prese con il jet lag o di coloro che sono affetti da disturbi del ritmo circadiano. Lo affermano gli autori di uno studio pubblicato online il 1 giugno da Current Biology. Lo studio ha individuato “chiari effetti” della durata dei pasti sui alcuni parametri fisiologici umani, in particolare sulla omeostasi del glucosio.
La premessa
Molte persone sperimentano la desincronizzazione del loro orologio interno sia a breve termine (ad esempio jet-lag) che a lungo termine (ad esempio, lavoro a turni, disturbi del ritmo circadiano, condizioni patologiche come alcuni tipi di cecità). Questa situazione può causare in poco tempo fastidi e si ritiene che, a lungo termine, aumenti le probabilità di sviluppare diabete di tipo 2 e patologie cardiovascolari. Alcuni interventi, come l’esposizione temporizzata alla luce e il consumo temporizzato di melatonina, aiutano a ripristinare l’orologio principale del cervello, “ma questi interventi probabilmente non hanno un effetto di ripristino diretto sui ritmi metabolici”, spiega l’autore principale dello studio, Jonathan Johnston. “Ora abbiamo prove per sostenere l’inserimento di una tempistica dei pasti all’interno di strategie che aiutino a risincronizzare l’intero sistema di orologi fisiologici”.
Lo studio
Johnston e colleghi hanno misurato l’effetto sui ritmi circadiani di un ritardo di cinque ore dell’orario dei pasti per un periodo di 13 giorni su 10 giovani sani.Gli uomini hanno consumato tre pasti con gli stessi contenuti calorici e macronutrienti a intervalli di cinque ore. Ogni soggetto ha iniziato con un pasto 30 minuti dopo la sveglia. Dopo essersi abituati a questo primo pasto precoce, i partecipanti hanno consumato il primo pasto 5 ore dopo la sveglia, per un periodo di sei giorni. Dopo aver completato ogni programma di pasto, i ritmi circadiani sono stati misurati in regime di routine costante di 37 ore. La misurazione comprendeva elementi come l’illuminazione debole, piccoli spuntini orari, attività fisica limitata e nessun periodo di sonno.
Le evidenze
La variazione dell’orario dei pasti non sembra aver influenzato l’appetito o la sonnolenza negli uomini, né sembra cambiare i marcatori del master clock del cervello, compresi i ritmi di melatonina e cortisolo, o l’espressione del gene PER2 nel sangue. Invece i tempi dei pasti hanno influenzato significativamente i livelli di zucchero nel sangue. Dopo pasti ritardati, i ritmi di glucosio del plasma erano ritardati in media di oltre cinque ore ed erano diminuite anche le concentrazioni medie di glucosio. Pasti ritardati provocavano anche anche ritardi di un’ora nel ritmo del gene PER2 nel tessuto adiposo. Questo indica che gli orologi molecolari umani possono essere regolati in base al tempo di alimentazione e potrebbero condizionare i cambiamenti dei livelli di glucosio nel plasma. “La dimensione del cambiamento nei livelli di glucosio / zucchero nel sangue è abbastanza sorprendente”, osserva Johnston . “Questo perché i cicli di luce-oscurità e sonno-veglia, noti come regolatori chiave dei ritmi circadiani umani, sono rimasti invariati. Solo i tempi dei pasti sono stati alterati nello studio. È stato anche molto interessante osservare che altri ritmi metabolici, incluse le concentrazioni di insulina nel sangue e quelle dei trigliceridi non cambiavano. I ritmi del metabolismo dello zucchero nel sangue sembrano quindi particolarmente sensibili alla tempistica dei pasti, ma possono dissociarsi dai ritmi dell’insulina nel sangue”.
Fonte: Curr Biol 2017
Megan Brooks
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)