(Reuters) – La salute della microflora intestinale potrebbe contribuire al rischio di long COVID dopo infezione da SARS-CoV-2. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato da Gut e condotto da ricercatori della Chinese University di Hong Kong.
Gli scienziati hanno analizzato il microbioma intestinale di 116 pazienti malati di COVID-19 a Hong Kong nel 2020, quando le normative vigenti richiedevano che ogni persona infetta venisse ricoverata.
Più dell’80% presentava una malattia lieve o moderata e oltre il 75% aveva almeno un sintomo persistente. Dopo sei mesi, i sintomi più comuni erano astenia (riferita dal 31% dei soggetti), scarsa memoria (28%), perdita dei capelli (22%), ansia (21%) e disturbi del sonno.
Le analisi dei campioni fecali ottenuti al momento del ricovero e nei successivi tre mesi hanno mostrato che i pazienti con long COVID “presentavano un microbioma meno variegato e abbondante”, ha affermato Siew C. Ng, primo autore dello studio “I pazienti che non hanno sviluppato il long COVID avevano un microbioma intestinale simile a quello dei soggetti che non hanno contratto il COVID-19”.
La mancanza di specie “amichevoli” di Bifidobatteri che rafforzano l’immunità si associava fortemente a sintomi respiratori persistenti. Anche se lo studio non ha potuto provare che gli organismi intestinali sani prevengono il long COVID, i risultati indicano che potrebbe essere utile“mantenere un microbiota intestinale sano e bilanciato tramite alimentazione, mancata assunzione di antibiotici ove possibile, esercizio fisico e integrazione delle specie batteriche carenti, tra cui i Bifidobatteri”.
Fonte: Gut
Staff Reuters
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)