(Reuters Health) – Angioplastica con o senza stent per trattare l’ischemia cronica che minaccia l’arto a causa di lesioni all’interno dell’arteria poplitea? Secondo una recente revisione Cochrane, gli esiti, a breve termine, sono simili.
“Nonostante il maggiore successo tecnico iniziale dello stent, non abbiamo osservato differenze evidenti nella pervietà a breve termine a sei mesi tra i due metodi di trattamento”, dice Charlie C-T Hsu, del Gold Coast University Hospital di Southport, in Australia, autore principale della revisione. “Pochissimi studi hanno riportato un follow-up a lungo termine (fino a 12 mesi) e non mostrano una chiara differenza di pervietà tra le due metodiche di trattamento”.
La revisione
Nella revisione sistematica e nella metanalisi di sette studi che hanno incluso 542 partecipanti con questa patologia, il team di Hsu ha valutato l’efficacia e la sicurezza dell’angioplastica da sola rispetto all’angioplastica con stent di lesioni arteriose infrapopliteali.
Le percentuali di successo tecnico sono state significativamente maggiori nel gruppo degli stent (97,6%) rispetto al gruppo della sola angioplastica (93,3%).
Tuttavia, la pervietà a breve termine (sei mesi) non presentava differenze significative significativamente tra le lesioni arteriose infrapopliteali trattate con angioplastica e quelle trattate con angioplastica più stent.
I gruppi di trattamento non hanno mostrato differenze significative anche nei tassi di complicanze delle procedure, nei tassi di amputazioni maggiori a 12 mesi o nei tassi di mortalità, sempre a 12 mesi.
I commenti
“Sulla base dei dati attualmente disponibili e dei risultati della nostra metanalisi, non indichiamo l’inserimento di stent iniziale o di prima linea per il trattamento delle lesioni arteriali infrapopliteali – ha affermato Hsu – L’inserimento di stent potrebbe essere utilizzato come procedura di “salvataggio” solo quando richiesto”.
“La nostra revisione non ha valutato la differenza fondamentale nell’uso di farmaci antipiastrinici post-trattamento, come l’aspirina o il clopidogrel, e la durata del loro uso potrebbe avere una potenziale influenza sul risultato”, conclude lo specialista.
Fonte: Cochrane Database Syst Rev 2018
Will Boggs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)