Dal terremoto del 2012 l’innovazione e lo sviluppo non si sono mai fermate. Per Gambro Dasco, del gruppo Baxter, è stata una grande sfida, vinta a pieni voti. A tre anni dal terremoto riapre la fabbrica Monitor, fiore all’occhiello del polo biomedicale della Mirandola e stabilimento principe della produzione di macchine per dialisi per il mercato mondiale.
Innovazione no stop. Potrebbe essere solo il claim di una qualche azienda del settore tecnologico e invece è molto di più. Per Gambro Dasco (gruppo Baxter) è verità, pura e semplice, è realtà. È una realtà che da sempre ha caratterizzato l’azienda fin dalle origini quando ancora azienda non era, ma solo un garage dove un farmacista, Mario Veronesi, inventava il trattamento dialitico. Ed è proprio questo modo di pensare il lavoro e la produzione che ha portato alla riapertura dello stabilimento Monitor di Medolla a riaprire a soli tre anni dal terremoto che a maggio 2012 devastò l’Emilia ed in particolare il distretto della Mirandola.
La sede di Medolla rappresenta il centro di riferimento internazionale per la Ricerca, lo Sviluppo e la produzione dei Sistemi per la Dialisi. Con il nome di Miraset prima e Dasco poi, la struttura è stata anche la prima nata nel comparto di Mirandola, la Silicon Valley italiana. Invece di aspettare, tutti si sono rimboccati le maniche e dallo shock iniziale nel vedere distrutto un intero stabilimento, al cui interno al momento del terremoto era stoccato il 97% della capacità massima, si è passati all’azione. In soli tre mesi, di quel 97% di merce stoccata è stato recuperato ben il 92%. Dal primo mattone posato, che tutti coloro che l’hanno firmato ricordano bene, alle inaugurazioni fino alla fabbrica Monitor. Innovazione no stop perché anche dal nulla si crea l’occasione di rinnovamento e così è stato per Gambro Dasco che ha incrementato la “capacità di sviluppo del 20%”, come ricorda con orgoglio Libero Azzolini, Production Manager Monitor Manufacturing. All’interno dello stabilimento vengono prodotte le macchine per la dialisi per il mercato mondiale: la Phoenix, destinata esclusivamente agli Stati Uniti e prossima “alla pensione” e la Artis, il fiore all’occhiello rivolto al resto del mondo.
Ogni giorno escono dalla fabbrica 25 macchine ognuna con 8 ore di collaudo alle spalle. In questa fase vengono effettuate delle simulazioni di trattamento personalizzato. La Phoenix è pensata per il trattamento dialitico di base, mentre la Artis è molto più performante. Ogni macchina è composta da circa 800 elementi per un totale di 220 fornitori. “Dal 2009, anno in cui è entrata in produzione, ad oggi ne sono state costruite più di 20.000 esemplari”, sottolinea Azzolini. Le Artis sono fornite di una black box che registra ogni operazione compiuta dalla macchina stessa ed anche dal personale medico dedicato. Il tutto collegato al prezioso controllo remoto. Se si verifica un malfunzionamento nella macchina, la black box lo segnala e lo stesso fa se l’infermiere preposto non opera correttamente. Dal software a tutti i componenti, la Artis è pensata interamente all’interno dello stabilimento ed è questo che la renda una fabbrica unica nel suo genere e all’avanguardia.
“Lavorare qui da quarant’anni è una grande esperienza e l’evento del terremoto è stato un momento di grande difficoltà e di grande rivincita allo stesso tempo”, prosegue Azzolini. “L’azienda ci ha dato una grossa opportunità ed io sono orgoglioso di farne parte insieme a tutto il mio team”, conclude.
Marzia Caposio