Tra i disturbi di salute mentale, la depressione è la più diffusa nella popolazione, e i suoi interventi di contrasto sono attentamente monitorati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a causa del forte impatto che questo disturbo può avere sulla qualità della vita e sullo svolgimento delle attività quotidiane, come lavoro, studio e relazioni sociali. Sebbene i fattori correlati alla depressione clinica siano stati ampiamente studiati, il loro potenziale predittivo sui sintomi depressivi nella popolazione generale non è stato ancora esplorato. Diversi studi hanno rilevato che i disturbi del sonno e l’ansia sono associati ai sintomi depressivi sia nella popolazione generale sia negli individui con disturbo depressivo maggiore, ma la mancanza di approcci di apprendimento automatico per la predizione individuale dei sintomi, né la validazione su dataset indipendenti, ne hanno limitato la generalizzabilità dei risultati.
Per far fronte a queste forti limitazioni, un nuovo studio pubblicato su eBioMedicine e condotto presso l’Heinrich Heine University di Düsseldorf, in Germania, adotta un approccio di machine learning (ML) che, sfruttando tre dataset indipendenti (HCP-Young, HCP-Aging e eNKI), mira a predire la gravità dei sintomi depressivi attraverso la qualità del sonno e l’ansia. Inoltre, valutando anche il contributo delle caratteristiche cerebrali, come il volume della materia grigia (GMV), cerca di studiare la relazione tra sonno e sintomi depressivi specialmente a livello individuale con il fine ultimo di creare un modello predittivo che possa essere generalizzabile a nuove popolazioni.
Per le tecniche di ML, è stato utilizzato un modello avanzato chiamato “ensemble learning”, che combina più metodi (LS-Boost e bagging) per migliorare le previsioni. L’analisi è stata organizzata in modo da dividere i dati in dieci gruppi per testare il modello su ciascun gruppo, assicurandosi che i membri della stessa famiglia (ad esempio, gemelli) non fossero separati tra addestramento e test, così da evitare che il modello “memorizzi” i dati invece di imparare davvero. Il modello analizza 19 variabili sulla qualità del sonno (da un questionario specifico, il Pittsburgh Sleep Quality Index), combinate con i punteggi di ansia e 473 caratteristiche del volume della materia grigia del cervello. I parametri del modello sono stati ottimizzati con un metodo statistico avanzato, mentre un algoritmo selezionava automaticamente le caratteristiche più utili ai fini della previsione.
Nel primo dataset HCP-Young, i cui 1101 partecipanti avevano un’età media di 28,7 anni (54,3% donne), la qualità del sonno è risultata predittiva della gravità dei sintomi depressivi (DSS) con un fattore di correlazione r=0.43, ovvero come una misura di quanto forte sia il legame tra due elementi, indicando in questo contesto quanto la qualità del sonno e l’ansia possono prevedere i sintomi depressivi (con un valore 1 che rappresenta una correlazione molto forte e un valore vicino a 0 come del tutto assente o debole).
Mentre, aggiungendo l’ansia come variabile predittiva, la precisione del modello è migliorata significativamente arrivando a un valore r=0.67. AL contrario, L’inclusione del GMV non ha migliorato la predizione, né singolarmente né in combinazione con le variabili di sonno e ansia.
In modo coerente, anche gli altri due database hanno mostrato risultati simili. Nel dataset HCP-Aging, la qualità del sonno si è rivelata un buon predittore della gravità dei sintomi depressivi (DSS), con una correlazione di 0,57, che aumentava a 0,72 quando veniva aggiunto il fattore dell’ansia. Analogamente, nel dataset eNKI, la correlazione passava da 0,50 a 0,66 con l’aggiunta dell’ansia al modello.
Sulla base dei risultati ottenuti, i ricercatori affermano che la qualità del sonno è un predittore affidabile della gravità dei sintomi depressivi, e l’ansia migliora significativamente la predizione. A differenza di studi precedenti, che si basavano su analisi a una variabile e di gruppo, questo studio ha utilizzato un modello di machine learning multivariato, dimostrando la replicabilità dei risultati su dataset indipendenti e validando l’approccio in contesti diversi.
Tuttavia gli autori, frenano sulla portata dello studio spiegando che riconoscono che i dati neuroimaging utilizzati (GMV) potrebbero non essere sufficientemente granulari per spiegare la complessità delle relazioni tra sonno, ansia e depressione e che inoltre, per convalidare pienamente questi risultati, sarà necessario ottenere dati longitudinali su larga scala e valutare l’impatto di interventi specifici.
di Valentino Ribecco
Source: eBioMedicine