I calciatori professionisti si ammalano di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) mediamente due volte di più rispetto alla popolazione generale. Se giocano nella massima serie, il rischio è addirittura 6 volte maggiore.
A questa conclusione è giunto uno studio epidemiologico condotto da ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano in collaborazione con ll’Ospedale universitario di Novara e l’Istituto Superiore di Sanità.
Lo studio è stato presentato al meeting annuale dell’American Academy of Neurology, a Philadelphia.
La ricerca è partita dall’esame dei nominativi dei calciatori presenti nelle collezioni delle figurine Panini, a partire dalla stagione 1959-1960 fino a quella del 1999-2000: 23.875 calciatori dei campionati italiani di Serie A, B e C, seguiti fino al 2018 dai ricercatori dell’Istituto Mario Negri.
Nel periodo considerato dallo studio sono stati accertati 32 casi di Sla. I più colpiti risultano essere i centrocampisti (14 casi accertati), più del doppio degli attaccanti (6). Seguono i difensori (9 casi) e i portieri (3).
“Ciò che la nostra ricerca conferma – dice Ettore Beghi, ricercatore del Mario Negri – è che il rischio di Sla tra gli ex-calciatori è circa 2 volte superiore a quello della popolazione generale. Analizzando la Serie A, il rischio sale addirittura di 6 volte, ma la vera novità consiste nell’aver evidenziato che i calciatori si ammalano di Sla in età più giovane rispetto a chi non ha praticato il calcio. L’insorgenza della malattia tra i calciatori si attesta sui 43,3 anni, mentre quella della popolazione generale in Italia è di 65,2 anni”.
Avrebbero dovuto fare immediatamente uno studio parallelo sui pugili. Probabilmente avrebbero trovato un risultato simile. La causa della SLA nei calciatori è di certo l’uso della testa nel gioco. Testata dopo testata ad un pallone che ha la sua massa fissa e la sua energia cinetica variabile in funzione del tiro l’encefalo subisce microtraumi continui.