Sono molte più di quanto non si pensasse, più di 1.000 per la precisione, le regioni del Dna che influenzano la pressione sanguigna. A scoprirlo è uno studio basato sui dati di oltre 1 milione di individui, il più vasto mai svolto in questo campo. Secondo la ricerca, pubblicata su Nature Genetics e coordinato dall’Imperial College di Londra e dall’Università londinese Queen Mary, almeno un terzo dei casi di ipertensione sono trasmessi geneticamente.
Circa la metà dei dati analizzati provengono dalla banca dati genetica della Gran Bretagna. La ricerca dimostra che stili di vita sbagliati, come eccessivo consumo di alcol o fumo, da soli non bastano a giustificare i numerosi casi di ipertensione, responsabile secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) di 7,8 milioni di morti nel 2015, ad esempio per ictus o infarto.
Occorre anche prendere in considerazione una solida componente genetica. Alcuni di questi geni, ad esempio, erano già noti per la loro correlazione con malattie coronariche o con l’Alzheimer, ma è la prima volta che i genetisti scoprono un loro legame anche con l’ipertensione.
“Grazie a queste nuove informazioni potremo calcolare in futuro il fattore di rischio ipertensione per il singolo individuo”, ha spiegato uno degli autori, Mark Caulfield. “In questo modo, i medici potranno disegnare interventi terapeutici su misura, come perdita di peso, riduzione del consumo di alcol o maggiore attività fisica. Con effetti positivi – ha concluso il genetista – anche sui bilanci dei sistemi sanitari nazionali”.