“Viscido, ma saporito” diceva il facocero Pumba del celebre cartone animato Disney “Il re leone” a proposito della sua pietanza preferita larve e insetti. Seguendo Pumba, noi potremmo tranquillamente aggiungere l’aggettivo “digeribile”. Secondo uno studio guidato dalla Rutgers University è emerso infatti che ciò che ci fa storcere il naso quando pensiamo a grilli e cavallette non ha nulla a che vedere con la nutrizione, la digestione o l’evoluzione. Infatti, gli insetti, la scelta di cibo per i nostri primi antenati primati, potrebbero ancora essere mangiati e digeriti da quasi tutti i primati di oggi, inclusi gli umani.
La ricerca, pubblicata su Molecular Biology and Evolution, ribalta la credenza diffusa per molto tempo secondo la quale i mammiferi non producevano un enzima che potesse ‘scomporre’ gli esoscheletri degli insetti (che hanno la funzione di rivestimento e scheletro).
“Per questo gli insetti erano considerati molto difficili da digerire”, evidenzia Mareike Janiak, autrice principale dello studio. “Sappiamo da ricerche su pipistrelli e topi, e ora dalla mia sui primati, che questo non è vero”, aggiunge. Esaminando il genoma di 34 primati, alla ricerca di copie di un gene chiamato CHIA, l’enzima dello stomaco che scompone la chitina, che fa parte del rivestimento esterno di un insetto, gli studiosi hanno scoperto che quasi tutti i primati viventi hanno ancora versioni funzionanti del gene necessario per produrre questo enzima.
Mentre la maggior parte dei primati viventi ha una sola copia del gene, quelli primitivi ne avevano almeno tre. Se anche gli umani non avessero l’enzima necessario secondo la studiosa “l’esoscheletro diventa molto più facile da masticare e digerire una volta che l’insetto è stato cotto”. Oltre a questo, gli insetti ‘impattano’ meno sull’ambiente rispetto alla carne.