Una mutazione genetica associata alla familiarità all’adenocarcinoma esofageo. A scoprirla uno studio, pubblicato su JAMA Oncology,che conferma l’influenza della genetica nell’insorgere della malattia e che potrebbe aiutare a individuare persone a cui rivolgere screening precoce e monitoraggio clinico.
Lo studio
I ricercatori della University Hospitals Seidman Cancer Center e della Case Western Reserve University, entrambi con sede a Cleveland, in Ohio, grazie ad una tecnica di sequenziamento genetico di nuova generazione, sono riusciti a individuare una mutazione rara (S631G) nel gene VSIG10L, caratteristica dell’Esofago di Barrett, una condizione che colpisce fino al 6,8% della popolazione ed è un predittore del cancro esofageo. Chi ne è colpito ha infatti un rischio 11 volte maggiore di sviluppare adenocarcinoma dell’esofago, neoplasia delle cellule ghiandolari della parte inferiore dell’organo.
Solo il 10-15% delle persone colpite da adenocarcinoma esofageo è vivo a cinque anni dalla diagnosi e, dopo il melanoma, è il tumore solido in più rapida crescita nei paesi occidentali. Ma nonostante il drammatico aumento dei casi nel corso degli ultimi decenni, ci sono stati pochi progressi nella comprensione e nel miglioramento delle opzioni di trattamento. “Ulteriori ricerche – ha sottolineato l’autore principale Amitabh Chak – serviranno a valutare come questa variante del gene può portare diagnosi precoce e migliori opzioni di trattamento”.