In Italia, nel 2015, si sono registrate diciassettemila nascite in meno e nel 50% dei casi per cause riconducibili all’uomo che non effettua screening e prevenzione. Quindici coppie su cento sono infatti infertili e nella metà dei casi dipende dall’uomo. E mentre la donna ha fin da piccola l’abitudine dei controlli periodici dal ginecologo, nell’uomo si assiste a una sottovalutazione delle condizioni e ad un aumento di fattori e abitudini di vita che minano la salute riproduttiva. Sono questi i temi al centro del convegno internazionale sull’infertilità, a Roma il 16 dicembre, promosso dal direttore del Centro di medicina e biologia della riproduzione-European Hospital di Roma, Ermanno Greco.
L’infertilità maschile
A 18 anni, ricorda l’esperto, già il 25-30% degli uomini presenta patologie che potranno condizionare la possibilità di avere figli da adulto. Le cause più conosciute della diminuzione della capacità riproduttiva maschile sono la riduzione del numero (sotto 15milioni) e della motilità (meno del 40%) degli spermatozoi, secondo le ultime indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità. Da non sottovalutare, avverte Greco, “anche gli errati stili di vita come il fumo e l’alcol e le droghe, spesso prese insieme, l’obesità e il consumo di anabolizzanti, che si diffonde sempre di più anche tra i minorenni”.
Altro fattore “non trascurabile – sottolinea – è l’età paterna, oggi sempre più importante in quanto la coppia decide il proprio programma riproduttivo in età avanzata”. La scienza però è arrivata in soccorso di queste coppie e varie sono le tecniche utilizzate. Tra queste, conclude Greco, anche la “terapia con sostanze antiossidanti per migliorare le caratteristiche quantitative e qualitative degli spermatozoi e quindi per migliorare sia la fecondazione naturale che quella in vitro. Va effettuata per almeno 60/70 giorni e ha lo scopo di ridurre la concentrazioni di radicali liberi nel liquido seminale”.