Anche l’avere successo nella vita è questione di geni. Il loro zampino è visibile fin da piccoli, ad esempio nella capacità di imparare a leggere precocemente e nell’avere ottimi risultati nei primi anni di scuola, e continuano la loro “marcia silente” per tutta la vita. A dimostrarlo è l’analisi condotta su 20.000 persone tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Nuova Zelanda condotta da un gruppo internazionale di ricercatori guidato dalla Duke University, negli Usa.
Lo studio, pubblicato sulla rivista dell’accademia americana delle scienze (Pnas), ha permesso di individuare una vera e propria ‘cordata’ di geni che intervengono nella scalata sociale: il ‘peso’ delle varianti genetiche associate al successo è stato quindi tradotto in un punteggio, usato poi come parametro per confrontare le diverse persone in base ai traguardi raggiunti nella vita (ad esempio il livello di istruzione, la carriera professionale e lo stipendio).
I risultati dimostrano che le persone con il punteggio più alto sono quelle con maggiore successo, indipendentemente dal loro stato sociale: i soggetti con il punteggio più elevato tendono ad avere risultati migliori rispetto ai genitori e agli stessi fratelli, al di là del contesto sociale in cui sono cresciuti. I geni del successo agiscono quindi come il ‘motore’ che avvia l’ascensore sociale, anche se la loro spinta è abbastanza contenuta: contano infatti per il 4% delle differenze osservate nella mobilità sociale.
RImango dell’idea che oltre al corredo genetico sia fondamentale la componente ambientale quale stimolo necessario alla realizzazione delle potenzialità personali.
Dati che possono essere pericolosi se utilizzati male o in maniera superficiale. Inoltre oltre alla genetica c’è l’epigenetica.