Il parere degli Oncologi
“Qualità di vita del paziente deve essere assicurata in tutte le fasi della malattia”
Dario Giuffrida, Direttore Oncologia Medica Istituto Oncologico del Mediterraneo di Catania e Consigliere Nazionale Aiom
“Quando la malattia è ormai troppo avanzata, la qualità di vita del paziente diventa cruciale. In tal senso, il supporto psiconcologico al paziente e ai famigliari che hanno il peso del congiunto sofferente è di fondamentale importanza. I pazienti nelle fasi più avanzate della malattia hanno problemi di perdita di peso e di malnutrizione. Il supporto nutrizionale, che deve avvalersi di figure specialistiche all’interno della struttura oncologica, come il nutrizionista e il dietista, è una priorità. Un altro cardine, forse il più importante e complesso, è contenere il dolore con una specifica terapia antalgica. Questi pazienti molto spesso devono essere trattati con oppioidi, deboli e forti, per alleviare il dolore. Il trattamento, in questi casi molto avanzati, non deve assolutamente essere ritardato onde evitare la riacutizzazione e il peggioramento della sintomatologia dolorosa. Da ciò deriva l’importanza che nell’ambito di un team multidisciplinare oltre al chirurgo, all’oncologo e al radioterapista, devono essere presenti il nutrizionista, lo psiconcologo e il palliativista”.
“Crescita formativa e culturale per superare diseguaglianze assistenziali”
Nicola Silvestris, Professore Associato di Oncologia Medica, Irccs Istituto Tumori ‘Giovanni Paolo II’ di Bari, Dimo Università degli Studi di Bari e Membro del Consiglio Direttivo Nazionale Aiom
“Per superare le diseguaglianze assistenziali, i percorsi da seguire credo siano almeno due. Il primo è formativo e culturale. Ciascuna Regione ha generalmente eccellenze professionali nelle varie discipline coinvolte nella gestione del paziente oncologico. La crescita culturale è rappresentata dall’imparare che non esiste il primato culturale di una singola disciplina bensì l’educazione al dialogo e al confronto tra specialisti chiamati a identificare il miglior percorso di diagnosi e cura per il singolo paziente. La seconda strada è quella che coinvolge le istituzioni chiamate a guidare, sostenere e soprattutto coordinare le eccellenze di ciascuna disciplina. Esiste un terzo momento, che ritengo non debba essere dimenticato, ed è quello che coinvolge il mondo delle Associazioni dei pazienti che devono far sentire la loro voce ai medici e alle istituzioni. È necessario superare l’idea del singolo specialista ‘luminare’ capace di gestire in autonomia il percorso di un individuo che in un determinato momento della propria vita incontra la malattia oncologica. Al contrario, deve crescere la consapevolezza, e conseguentemente la richiesta, dell’importanza di gestire queste situazioni in ambito multidisciplinare”.
Anche lo scenario terapeutico sta cambiando, ha ricordato: “Le terapie di supporto precoce hanno un valore importante in termini di sopravvivenza e di qualità della vita, come le terapie di supporto nutrizionali che consentono al paziente di avere più chance terapeutiche: un paziente mal nutrito avrà una capacità di risposta ai trattamenti oncologici attivi, sicuramente meno efficace. Chi è in buoni condizioni può affrontare una seconda salita”.
Il parere delle Associazioni dei pazienti:
“Continuità assistenziale tra l’ospedale e il territorio disomogenea sul territorio nazionale”
Francesco Diomede, Segretario Nazionale Aistom – Associazione Italiana Stomizzati e Presidente Fincopp
“In diverse aziende sanitarie locali e in molti ospedali, grazie ad Associazioni come la nostra, ci sono dei centri di riferimento per la presa in carico del paziente stomizzato. Dopo l’intervento chirurgico il paziente deve essere rieducato alle funzioni essenziali e ha bisogno, oltre che dei normali controlli, di indagini strumentali ed esami ematochimici che si effettuano durante il periodo di follow up, di un medico e uno stomaterapista. Purtroppo, una volta uscito dall’ospedale i bisogni del paziente vengono molto spesso disattesi. Questo perché non sempre c’è una continuità assistenziale tra l’ospedale e il territorio: al Nord la continuità è di buona qualità ma al Centro-Sud è mediocre e fondata sul volontariato. Parliamo di bisogni importanti, specie per chi è affetto da un tumore del colon retto e, una volta uscito dalla struttura oncologica, non sa a chi rivolgersi costretto, a volte, ad affidarsi a mani poco esperte. Così come vanno chiusi i Centri che non effettuano bassi volumi di interventi chirurgici ”.
“‘Pancreas Unit’, un modello da seguire”
Piero Rivizzigno, Presidente Codice Viola
“È in itinere in Lombardia la costituzione di ‘Pancreas Unit’ grazie ad una delibera regionale alla quale Codice Viola ha dato il suo contributo. La ‘Pancreas Unit’ parte dalla premessa di creare un team multidisciplinare che sia in fase di diagnosi sia in fase di definizione di un percorso di cura fa riferimento a un gruppo di specialisti che insieme valutano le risultanze cliniche per dare il miglior supporto al paziente. Per i pazienti tutto ciò significa una presa in carico completamente diversa da quella tradizionale. Si tratta di un modello assolutamente esportabile in altre Regioni italiane. L’Associazione Codice Viola nel frattempo già ha preso contatti con altre istituzioni perché la realtà è che regioni come la Lombardia, il Veneto, la Toscana, in parte dispongono già di strutture di eccellenza che in maniera quasi volontaria praticano questo tipo di approccio, che a nostro avviso dovrebbe essere necessariamente portato avanti a livello nazionale, come accade per le Breast Unit. Insomma, la nostra è una battaglia che cerchiamo di diffondere a un certo numero di interlocutori in altre Regioni”.
“Fondamentali Pdta appropriati e dedicati”
Claudia Santangelo, Presidente Vivere senza stomaco si può Onlus
“Si arriva ad una fase avanzata della malattia perché c’è una diagnosi tardiva e questa è una premessa importante. La mortalità è altissima (a cinque anni sopravvivono 32 persone su 100) e nelle varie fasi di malattia, in particolare nella fase metastatica avanzatissima si fa fatica a capire quale tipo di farmaci utilizzare, a capire quali sono i farmaci disponibili e rimborsati dal Ssn. Quindi, la fase avanzata di malattia oltre alla fragilità estrema del paziente è anche quella in cui c’è minore chiarezza nei percorsi di cura. La necessità più urgente è quella di organizzare dei percorsi di diagnosi e cura appropriati e dedicati a questi pazienti con una rete oncologica, team multidisciplinari e multiprofessionali, un’assistenza continua tra ospedale e territorio. Questa organizzazione purtroppo manca in alcune regioni italiane. In tal senso, la Carta dei Diritti potrebbe assolutamente aiutarci a dialogare e sensibilizzare le Istituzioni”.
Di Ester Maragò
Vedi anche Tumori gastrointestinali. Le Associazioni dei pazienti lanciano la prima “Carta dei Diritti”