Alimentazione e ambiente vanno a braccetto, ma non in senso positivo. Secondo i nuovi dati presentati dalla Fondazione Barilla center for food and nutrition (Bcfn), in occasione del World population day, l’impatto ambientale dipende per il 30% dalla dieta. ”Nel 2050 – hanno spiegato – 25 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni saranno malnutriti a causa degli effetti del cambiamento climatico e, in Occidente il consumo di alimenti provoca circa il 30% delle emissioni di gas serra”, di cui ”il 12% dovuto alla carne”.
Per questo motivo, il coinvolgimento della filiera agroalimentare nella lotta al cambiamento climatico è una ”scelta significativa nell’anno di Expo Milano 2015” e della Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti climatici di Parigi. ”Oggi sappiamo che il comparto agroalimentare è uno tra quelli con l’impatto ambientale più rilevante”, afferma Guido Barilla, presidente della Fondazione Bcfn. “Siamo consapevoli che gli alimenti dei quali i nutrizionisti consigliano un consumo più frequente sono proprio quelli che determinano meno emissioni di CO2, consumo di acqua e impronta ecologica”.
I dati dimostrano anche che mangiare sostenibile non significa spendere di più, soprattutto in Italia e nei Paesi di area mediterranea. Da un’analisi dei prezzi degli alimenti su Milano e Napoli emerge che in un menù con presenza in maggioranza di proteine animali a Milano si spendono 43 euro a Napoli 34; mentre si scende, rispettivamente, a 40 e 32 con una quantità equilibrata; si passa a 35 a Milano e 28 a Napoli per il vegetariano, a 33 e 26 per il vegano.