La seconda puntata della Health Serie dedicata all’Oncologia di Precisione, realizzata con il contributo non condizionante di Lilly, si concentra sugli aspetti organizzativi (oltre che clinici) necessari per un efficace sviluppo sul territorio nazionale dell’oncologia di precisione. Intervengono i rappresentanti dei pazienti che, dal loro punto di vista, hanno il primario interesse a poter accedere a queste nuove terapie nell’ambito di un percorso di appropriatezza che non è solo terapeutica ma, appunto, anche organizzativa.
Davide Petruzzelli è Coordinatore F.A.V.O. Neoplasie Ematologiche, un’organizzazione che raggruppa oltre 500 associazioni che si occupano di oncologia in Italia, allo scopo di dare una voce più forte ai pazienti nelle richieste alle istituzioni. Petruzzelli è anche Presidente di La Lampada di Aladino Onlus, associazione lombarda orientata a supportare a 360° gradi le persone che vivono con un tumore. Cristina Gugnoni è Presidente dell’Associazione Punto Rosa 2.0. Fa parte della rete INSIEME! Umbria contro il cancro, nata durante la pandemia, che riunisce 14 Associazioni. Stefania Vallone è Segretario WALCE Onlus – Women Against Lung Cancer in Europe. Nata in Italia, 2006, l’Associazione è composta da un gruppo di oncologhe con l’obiettivo primario di aumentare l’interesse delle donne rispetto a nuovi dati sul tumore del polmone.
Emergono dal confronto, numerose criticità rispetto all’uso dell’oncologia di precisione in Italia, molte di queste erano già state evidenziate nel corso della prima puntata della serie che ha coinvolto gli specialisti.
“In Italia, ma anche in altri Paesi europei, il percorso di approvazione dei farmaci di precisione e quello dei test genetici per identificare le mutazioni contro cui è diretto il farmaco non sono collegati. È paradossale: capita che i farmaci siano approvati e rimborsati ma che non siano accessibili perché il test per la prescrizione non è disponibile. E questo crea inevitabilmente una difficoltà di accesso dei pazienti alle terapie”, osserva Petruzzelli.
Ci sono poi delle differenze importanti al livello territoriale in termini di numero di laboratori in grado di effettuare i test, in particolare per quanti riguarda le analisi più complesse, come il Next Generation Sequencing (NGS).
“La mancanza di infrastrutture, organizzazione e budget rappresentano un limite per l’evoluzione della medicina di precisione. Un piccolo passo è stato fatto con l’emendamento alla legge di bilancio del 2021 e poi del 2022”, aggiunge. “Anche la Mission on Cancer, con l’obiettivo di salvare più di 3 milioni di vite entro il 2030, considera la necessità di passare anche attraverso la medicina personalizzata”.
L’oncologia di precisione negli ultimi anni ha dato i suoi frutti specialmente per il trattamento del tumore polmonare. “Purtroppo però in Italia i risultati della ricerca e la gestione che il sistema vanno a due velocità diverse”, osserva Vallone. “La ricerca ha prodotto tantissimo, ma il sistema si è trovato impreparato nel cercare di accogliere l’innovazione e gestire tutto ciò che l’innovazione ha portato con se”. E aggiunge: “oggi conosciamo moltissimi biomarker del tumore polmonare, ma molti di questi sono rari, quindi non è possibile identificarli con i comuni test molecolari. Serve una metodica ampia, come l’NGS, che al momento non viene rimborsata e garantita in modo equo su tutto il territorio”.
Inoltre, commenta Gugnoni, occorre diffondere informazione su queste nuove strategie terapeutiche. “Permettono ai pazienti di avere una speranza di intervento, portano ad una cronicizzazione di malattie che magari sarebbero incurabili, con effetti collaterali minori e consentono di raggiungere una migliore qualità della vita”, nota. “Però i pazienti hanno bisogno di un’informazione più precisa, chiedono chiarezza e trasparenza, perché sono nuove strategie terapeutiche e nuovi percorsi”.
“Da diversi anni facciamo informazione sulle nuove terapie usando numerosi canali di comunicazione”, dice Vallone. “Non solo, è anche in corso un programma europeo che ha proprio lo scopo di ottenere un NGS gratuito per tutte le persone che non possono farlo nel proprio centro o nella propria Regione, e poi in caso di esito positivo per una mutazione di dare al paziente la possibilità di essere inserito in uno studio clinico, anche eventualmente in una Regione diversa dalla propria, essendo supportato economicamente dall’Associazione. Da gennaio 2021, in Italia abbiamo inserito 7 persone in trial clinici in Regioni diverse da quelle di residenza”.
L’iniziativa è un esempio anche per le altre Associazioni: “il nostro prossimo obiettivo è proprio quello di discutere con l’Università e con gli oncologi della possibilità di inserire i pazienti in trial clinici e di offrire loro il supporto necessario”, commenta Gugnoni.
Tutte le Associazioni chiedono poi di partecipare alla presa di decisioni su queste terapie, perché chi meglio del paziente può sapere quali sono le sue necessità?
Gli esponenti delle Associazioni propongono quindi delle soluzioni che rispondano ai bisogni dei pazienti.
Gugnoni si concentra sull’Umbria: “come Associazione noi chiediamo di riattivare la nostra rete oncologica regionale che è ferma da diverso tempo, così come il registro tumori. Avere a disposizione dati statistici uniformi a livello regionale è fondamentale per mettere a punto strategie, anche nell’ambito della ricerca clinica. Chiediamo poi di poter partecipare ai tavoli istituzionali, perché il paziente abbia voce in capitolo quando si tratta del suo percorso di cura”.
Secondo Vallone sarebbe importante “un aggiornamento dinamico dei LEA e quindi l’inserimento nei LEA dei test genomici, per appianare le disuguaglianze di accesso ai test e alle terapie. Bisognerebbe poi individuare e accreditare i centri specialistici a livello regionale per l’esecuzione dei test e mettere a punto una piattaforma nazionale che raccolga i risultati dei Molecular Tumor Board”.
In questo modo i MTB potrebbero diventare una fonte per altre ricerche, come osserva Petruzzelli. E conclude: “perché l’oncologia di precisione sia davvero a disposizione dei pazienti sono però necessarie delle reti oncologiche su tutto il territorio italiano e bisogna che le risorse, che ora sono disponibili, vengano allocate nel posto giusto”.