Attraverso l’analisi dei cambiamenti microstrutturali nella cervice uterina, valutati con un’ecografia quantitativa, un team americano è riuscito a sviluppare un metodo che già alla 23esima settimana di gravidanza riesce a prevedere se una gestante è a rischio di parto prematuro. I risultati dell’indagine, coordinata da un gruppo dell’Università dell’Illinois, sono stati pubblicati dall’American Journal of Obstetrics & Gynecology Maternal Fetal Medicine.
Attualmente, per prevedere il rischio di parto pretermine, i medici si basano esclusivamente sulla anamnesi e sulla storia di un eventuale precedente parto prematuro, per cui non è possibile valutare il rischio alla prima gravidanza.
Lo studio
I ricercatori dell’Università dell’Illinois si sono basati sui dati raccolti da 429 donne che hanno partorito senza induzione presso l’ospedale dell’ateneo statunitense. Tutte le donne erano state sottoposte a ecografia quantitativa, i cui risultati sono stati combinati con quelli della storia del parto precedente. In un’ecografia quantitativa i i dati a radiofrequenza vengono letti e analizzati per determinare le caratteristiche del tessuto, in questo caso della cervice uterina. Il metodo si è rivelato efficace nel prevedere il rischio di nascite premature già alla prima gravidanza.
“Questo studio potrebbe aprire le porte a ulteriori ricerche sui processi che portano al parto pretermine per essere in grado, in futuro, di prevenire o ritardare un parto prematuro”, conclude William O’Brien, autore senior della ricerca.
Fonte: American Journal of Obstetrics & Gynecology MFM 2023