Più di un cittadino europeo su quattro è esposto a fumo passivo sul posto di lavoro. Nonostante la legge che rende “smoke free” i luoghi pubblici chiusi, la tendenza all’esposizione al fumo di seconda mano è in aumento. Nel 2009, infatti, la percentuale dei fumatori passivi era di 23,8% e nel 2014 era salita a 27,5%. A rivelare i dati è uno studio dell’Imperial College London, presentato allo European Respiratory Society International Congress a Milano.
L’indagine
Gli studiosi hanno guardato a tutti i 28 Paesi europei, la maggior parte dei quali ha introdotto una legislazione per proteggere i lavoratori dal fumo di seconda mano e la ricerca ha coinvolto un sondaggio effettuato su oltre 55mila persone in Ue, metà delle quali intervistate nel 2009, l’altra metà nel 2014. In questo lasso di tempo diversi Paesi, tra cui Bulgaria, Ungheria, Spagna e Belgio hanno introdotto leggi più restrittive sul fumo. Ma, mentre sembrano funzionare per bar e ristoranti (nel 2014 una persona su 4 ha riportato di essere stata esposta a fumo di seconda mano nei bar, rispetto a una su due nel 2009, mentre per i ristoranti era una su nove comparata con una su tre) lo stesso non pare accadere sui posti di lavoro.
Il 27,5% ha dichiarato di essere stato esposto al fumo di seconda mano nel 2014, rispetto al 23,8% nel 2009 mentre lavorava. Secondo i ricercatori potrebbe essere più difficile applicare la legislazione che vieta il fumo nei luoghi di lavoro perché si basa sui reclami fatti individualmente. “Si stanno facendo progressi per proteggere le persone in bar e ristoranti – spiega Filippos Filippidis, che ha presentato la ricerca- ma è preoccupante vedere che il numero di lavoratori in uffici e fabbriche esposti a fumo di seconda mano sta aumentando. Svezia, Regno Unito e Irlanda stanno facendo bene, mentre Grecia e Cipro sono indietro”.