Nei primi giorni di giugno, sul New England Journal of Medicine, è stato pubblicato uno studio dal titolo “Blocco di PD-1 nel carcinoma rettale localmente avanzato con deficit nel Mismatch Repair” condotto dai ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSKCC) di New York che, seppur in fase iniziale, ha già evidenziato importanti risultati.
Come ha raccontato il Prof. Salvatore Siena, direttore del Dipartimento di Ematologia Oncologia e Medicina Molecolare dell’Ospedale Niguarda e Professore di Oncologia all’Università degli Studi di Milano, il gruppo di studio del Dr. Luis Alberto Diaz e della Dr.ssa Andrea Cercek si è concentrato su una popolazione specifica di pazienti, affetti da carcinoma rettale contraddistinto dall’instabilità microsatellitare (MSI). “Questa è un’alterazione dell’apparato di riparazione del DNA del tumore, che provoca l’accumulo di mutazioni all’interno del DNA stesso, rendendo il tumore suscettibile all’immunoterapia: In pratica in tutti i tumori dell’intestino, la frequenza dei casi MSI è 5% nello stadio metastatico ed è più elevato ossia circa 10% negli stadi cosiddetti localmente avanzati, come nel caso delle persone curate nello studio presentato ad ASCO 2022”.
Lo studio prospettico, supportato da GlaxoSmithKline, ha preso in considerazione il carcinoma del retto che è “statisticamente meno frequente dei tumori delle altre parti dell’intestino, cioè del colon, e si presenta mediamente nel 7% di una minoranza dei tumori del grosso intestino”, precisa il Prof. Siena, e ha incluso una casistica limitata di 12 pazienti – potenzialmente operabili – che sono stati trattati con monoterapia di Dostarlimab, un anticorpo monoclonale capace di inibire il legame di PD-1 con il suo ligando, aumentando l’attività antitumorale del sistema immunitario.
Attualmente la migliore terapia standard per questi pazienti prevede l’utilizzo di chemioterapia di induzione (Total Neoadjuvant Therapy) e radiochemioterapia. Dopodiché si presentano due possibilità: la prima prevede il controllo frequente dello stato di salute del paziente nel tempo senza chirurgia; la seconda, invece, prevede l’exeresi chirurgica del retto. Tuttavia, dostarlimab ha dimostrato di riuscire a indurre nel 100% dei casi una remissione completa e i pazienti non hanno avuto bisogno di proseguire il trattamento con la chemioterapia, con la radioterapia o la chirurgia, sottolineando l’assenza di una recidiva locale sia al follow-up mediano a 12 mesi che tutt’oggi.
Lo studio condotto dai ricercatori dell’MSKCC ha avuto dei risvolti anche su altre ricerche attualmente in atto come, ad esempio, quella svolta dal gruppo del Prof. Siena. Il team di esperti provenienti dall’Ospedale Niguarda, dall’Istituto Oncologico Veneto (IOV) di Padova, dall’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano e dal Papa Giovanni di Bergamo, sta svolgendo una ricerca, dal titolo “NO CUT”, in cui si utilizza la Total Neoadjuvant Therapy e quando i pazienti risultano in remissione completa si eseguono solo controlli frequenti senza ricorrere alla chirurgia del retto. “Lo studio è in corso; abbiamo già trattato circa 120 pazienti, ma dobbiamo arrivare a 180 per avere risposta ai quesiti clinici ed è chiaro come dovremo modificare il protocollo così da poter trattare i pazienti – che nello screening iniziale saranno MSI – con l’immunoterapia. Il protocollo dell’MSKCC prevedeva che, nel caso in cui non fossero andati in remissione completa, i pazienti sarebbero stati trattati con chemioterapia, radioterapia e Total Neoadjuvant Therapy convenzionale non solo non è stato necessario proseguire con il trattamento, ma lo studio non ha rilevato alcun effetto collaterale di grado 3 e 4”.
In letteratura si contano già diversi studi a livello immunoterapico, ma tutti prevedono un’associazione con chemioterapia e radioterapia; certamente interessanti, ma che non sono riusciti a evidenziare gli stessi risultati. Il target di pazienti, infatti, non è mai stato così altamente selezionato, mentre nello studio svolto presso l’MSKCC sono stati arruolati i pazienti MSI ad alta suscettibilità di risposta al farmaco e, come aggiunge l’esperto, “è stato messo in luce uno studio clinicamente molto razionale: il paziente giusto, al momento giusto e col farmaco giusto; ciò rappresenta esattamente il concetto di medicina di precisione, che è la via che propugniamo e seguiamo. Purtroppo, ad oggi solo la minoranza dei pazienti riescono a beneficiare di questo approccio di precisione, perché sono pochi quelli in cui si riesce a identificare il bersaglio, la mutazione perseguibile (actionable), utilizzabile a fine terapeutico”.
“È ancora presto per poter confermare che si tratti di ‘pazienti guariti con immunoterapia per 6 mesi senza chirurgia, senza radioterapia, senza chemioterapia’, ma il dato si presenta come straordinario. Quando si raggiunge la remissione completa del tumore del retto, questa si associa ad un’alta probabilità di guarigione del tumore e questo risultato rappresenta per noi il seme, il dato iniziale da cui partire per migliorare la terapia del carcinoma del retto localmente avanzato con caratteristiche MSI; un passo verso il futuro che sembra dare a questi pazienti una possibilità terapeutica concreta”, conclude il Professore.
SITOGRAFIA:
- https://www.mskcc.org/news-releases/asco-2022-100-complete-response-rate-mmrd-locally-advanced-rectal-cancer-seen-pivotal-immunoablative-neoadjuvant-immunotherapy-clinical-trial
- https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2201445
- https://www-nytimes-com.cdn.ampproject.org/c/s/www.nytimes.com/2022/06/05/health/rectal-cancer-checkpoint-inhibitor.amp.html
- https://youtu.be/deOsE4ughos