Per mantenere utilizzabili i fegati espiantati è possibile conservarli a temperature al di sotto del punto di congelamento dell’acqua. La procedura è stata parte di un nuovo metodo sperimentale per il trattamento dei fegati donati. Il metodo si trova ancora nelle fasi precoci dello sviluppo, ma risulta promettente.
Lo studio
I fegati di ratto trattati in questo modo durano il triplo rispetto a quelli conservati con il metodo standard impiegato per gli organi umani, che prevede l’immersione in un liquido speciale ed il raffreddamento a temperature comunque superiori allo zero. Prima ancora di pensare di testare questo metodo su organi umani, è necessario provarlo sul fegato di animali più grandi, dato che i fegati più grandi sono più difficili da congelare.
L’importanza dell’esperimento
Questo esperimento rientra nel tentativo globale di prolungare il periodo di tempo per il quale è possibile conservare gli organi che vengono donati: se questo intervallo venisse esteso a sufficienza, un paziente asiatico potrebbe ad esempio ricevere un fegato da un donatore americano nel caso in cui non venissero reperiti in tempo donatori compatibili. Al momento attuale non è possibile attendere più di 12 ore. Il processo di congelamento sembra un’idea ovvia, ma a temperature molto basse c’è sempre il rischio che l’acqua all’interno del tessuto formi del ghiaccio, che è dannoso, ed inoltre il processo di raffreddamento e riscaldamento può anche danneggiare in modo irreversibile le cellule nei tessuti biologici: per la procedura proposta, il fegato viene immerso in un liquido anti-congelamento non tossico, ed un macchinario fa circolare questo liquido all’interno dell’organo prima di raffreddarlo e trapiantarlo: esso mantiene il fegato al sicuro anche a temperature di -6°.
Fonte: Nature Medicine 2014; 20: 790-3