Le Unità Farmaci Antiblastici (UFA) rappresentano una realtà importante nello scenario dell’oncologia nel nostro Paese, con un ruolo chiave legato alla sempre maggiore complessità delle terapie antitumorali, che richiedono un’alta specializzazione e strutture adeguate alla loro manipolazione.
La fase di somministrazione delle terapie farmacologiche, e delle chemioterapie in particolare, implica una organizzazione accurata che garantisca sicurezza per i pazienti e operatori, efficacia ed efficienza. All’interno della Raccomandazione 14 del Ministero della Salute, attualmente in fase di revisione, nel segno di un rafforzamento delle attività a garanzia della sicurezza, sono sintetizzate le buone pratiche da seguire lungo l’intera filiera, dall’approvvigionamento dei farmaci alla loro preparazione e somministrazione per uniformare l’allestimento dei chemioterapici e ridurre il rischio di errori. Nella raccomandazione è richiamata l’attenzione, tra l’altro, sulla necessità di intervenire sull’aspetto del confezionamento dei prodotti e su quello della gestione delle scorte, entrambi elementi su cui i preparati in sacca multi-dose offrono maggiori garanzie. In particolare, inoltre la raccomandazione afferma testualmente la necessità di intervenire sui modelli organizzativi.
Lo studio di HTA – Valutazione dell’impatto organizzativo ed economico di un modello di gestione integrata delle chemioterapie (“compounding multidose bags”) in ambito ospedaliero realizzato da Altems-Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presentato nel corso di un convegno nei giorni scorsi a Roma, mette a confronto nel contesto reale due ospedali di grande dimensione (anche in termini di volumi di preparazioni chemioterapiche) che hanno adottato differenti approcci per la preparazione delle chemioterapie. Il primo approccio viene definitivo “tradizionale”, basato sulla preparazione gestita utilizzando principi attivi con forme farmaceutiche tradizionali (vials, flaconi, fiale da ricostituire) all’interno dell’unità farmaci antiblastici dell’ospedale con personale della struttura (nello studio il modello è il policlinico Gemelli di Roma), mentre il secondo approccio si basa sulla preparazione gestita con principi attivi in sacca multi-dose multi prelievo (sempre all’interno dell’unità farmaci antiblastici dell’ospedale con personale della struttura. Modello Asl Taranto).
Il documento evidenzia i punti di forza nell’utilizzo delle sacche multi dose multi prelievo attraverso le analisi effettuate nelle due strutture di riferimento: nessuno spreco attivo di principio, tempistica di preparazione breve, ridotte manipolazioni di chemioterapico da parte del personale con conseguente riduzione del rischio, facilitazioni nella gestione dei turni del personale, stabilità del farmaco diluito anche su più giorni, minore quantità di rifiuti prodotti e maggiore facilità di smaltimento e riduzione dei costi ad esso associati, gestione facilitata delle sacche in relazione al volume di principio attivo. In un contesto europeo in cui gli shortage generano continue carenze di farmaci oncologici, l’utilizzo delle sacche multidose garantisce agli ospedali una maggior garanzia di fornitura che si traduce in continuità terapeutica per i pazienti e limitato impatto organizzativo sulle strutture ospedaliere.
La decisione, tuttavia, sul modello da preferire dipende molto dal contesto in cui viene presa. In molte realtà si sta progressivamente andando verso la centralizzazione di UFA che servono un territorio vasto, con più strutture che utilizzano gli antiblastici preparati centralmente. In questo caso i vantaggi organizzativi e di stabilità garantiti dalle sacche multi-prelievo multi-dose appaiono particolarmente rilevanti.
“L’Asl di Taranto – spiega Filomena D’Amico, Dirigente Farmacista S.C. Farmacia P.O.C. Asl Taranto, Referente UFA – – ha un’unità di manipolazione centralizzata. Siamo una UFA certificata ISO 9001-2015 in un percorso di gestione del farmaco integrato come ONCO-EMA. Abbiamo quindi un percorso che si muove in toto a livello di qualità secondo quello che è indicato dalla raccomandazione ministeriale numero 14. La nostra ASL copre un territorio molto ampio all’interno della Regione Puglia, essendo tra le più grandi e avendo un impatto notevole delle patologie onco-ematologiche per via delle note problematiche di inquinamento ambientale. Noi prepariamo i farmaci antiblastici per tutti gli altri centri oncologici, onco-ematologici e pediatrici che sono dislocati all’interno sia di altri presìdi che di altri stabilimenti ospedalieri. Giornalmente vengono allestite circa 250 preparazioni per altrettanti pazienti, inviate nelle varie destinazioni. Riusciamo a superare tutti i problemi di distanza geografica, di gestione delle temperature e delle stabilità dei farmaci proprio grazie all’utilizzo dei galenici magistrali che ci vengono forniti direttamente nelle sacche multi dose: questo sistema ci consente di avere una maggiore estensione della stabilità dei prodotti nel tempo, di farli viaggiare in sicurezza e di somministrarle con tranquillità all’interno anche dei centri esterni. E si tratta di un supporto utile anche a sopperire a eventuali shortages: recentemente c’è stata una mancanza molto importante di un farmaco neoplastico importantissimo per la cura di alcune patologie soprattutto a carico del tratto gastrointestinale. Siamo riusciti a sopperire e ad aiutare anche tutti gli altri centri della Regione Puglia grazie all’utilizzo delle sacche compounding, che ci hanno consentito di non subire le difficoltà dovute alla carenza”.
“Purtroppo – prosegue D’Amico – subiamo spesso carenze di farmaci che vengono genericati, dunque forse non più molto appetibili, e il loro utilizzo diventa un po’ complicato. C’è un ufficio AIFA che si occupa proprio della gestione dei farmaci carenti. Tuttavia, grazie al compounding abbiamo superato un periodo importante anche per molti platini, riuscendo a garantire la continuità terapeutica non soltanto per i nostri pazienti, ma anche per i pazienti di altri centri. Una cosa importantissima dato che la nostra mission è produrre salute: far saltare sedute a 50-60 persone al giorno, così come è avvenuto in altri luoghi in Italia e non solo, espone al rischio di aggravamento e crea contestualmente disguidi importanti in una gestione delle risorse all’interno dei reparti. Ci teniamo molto a garantire sempre le terapie ai pazienti per cui cerchiamo di agire nel migliore dei modi possibili creando una programmazione che precede tutte quelle che sono le nostre operazioni, e lavorando con procedure di qualità”.
“Esistono due approcci per la preparazione dei farmaci chemioterapici – afferma Marco Oradei, responsabile laboratorio HTA di Altems e autore dello studio HTA – a noi interessava verificare sul campo, quindi con attraverso dati reali, raccolti direttamente presso strutture che utilizzano le due metodologie, vantaggi e svantaggi dei due diversi approcci. Abbiamo quindi proceduto misurando presso la ASL di Taranto, che utilizza le sacche multi dose multiple, tempi modi e costi dei diversi materiali utilizzati. E in quella realtà abbiamo verificato l’utilità di questo approccio: la loro catena logistica, dovendo servire 7 presìdi diversi, si basa necessariamente su un prodotto per sua natura più stabile e meglio distribuibile nei diversi territori. Dall’altra parte abbiamo invece verificato i dati del Policlinico Gemelli, che serve un’unica struttura e quindi di fatto esegue consegne giornaliere che utilizza nell’arco della stessa giornata. Riteniamo che, soprattutto in strutture che hanno appunto più luoghi da servire, sia necessario il passaggio alla nuova tecnologia. La valutazione HTA ha sta diventando decisiva in Europa e in Italia, che è stata tra i primi paesi europei ad adeguarsi alla nuova normativa europea: c’è un regolamento europeo dei dispositivi medici del 2022 cui l’Italia si è già adeguata. Analoga cosa sta accadendo per i farmaci. C’è un piano nazionale HTA. Quindi, in sostanza, nell’acquisizione delle nuove tecnologie a tutti i livelli noi saremo costretti, per fortuna a mio modo di vedere, a entrare in logiche di valutazione HTA”.
“Se l’obiettivo è governare il sistema – ha commentato Giuseppe Sabatelli, responsabile Rischio Clinico della Regione Lazio – occorre adottare un approccio sincronico in cui l’ambito strutturale/tecnologico, professionale e organizzativo vadano di pari passo. I farmaci antiblastici sono un esempio, perché il loro ambito non finisce alla somministrazione. Il Lazio già nel 2020 aveva affrontato il tema della sicurezza nella terapia farmacologica con un documento di indirizzo che sarà revisionato a breve, con tutte le fasi da presidiare (approvvigionamento, somministrazione e monitoraggio) per aiutare le strutture a mettersi in sicurezza. Le procedure però non possono e non devono essere solamente degli stabilizzatori di aspettative: non ci si deve illudere che basta scrivere un documento su come fare le cose, e le cose magicamente vanno così, perché si parla di sicurezza dei pazienti, ma anche degli operatori. In ogni caso, nel Lazio eventi legati alla sicurezza dei farmaci non ne abbiamo avuti e già da tre anni abbiamo un flusso specifico di analisi. Da questa estate fino a dicembre 2025 è attesa da parte del centro regionale rischio clinico una mappatura su 31 strutture pubbliche e private in cui valuteremo anche l’implementazione della raccomandazione 14”.
“In Sifo – ha concluso Arturo Cavaliere, presidente della Società italiana dei farmacisti ospedalieri (SIFO) – abbiamo discusso molto sulla necessità di aumentare processi orientati alla sicurezza e il tema delle sacche multidose è uno degli aspetti che può contribuire al meglio alla gestione del rischio clinico stesso legato ai farmaci antiblastici. Abbiamo presentato 15 istanze al ministero della Salute per far sì che le unità di farmaci antiblastici abbiamo, nel quadro del DM70, il loro giusto ruolo in termini di adozione dell’innovazione e aggiornamenti tecnologici necessari anche secondo le ultime linee guida”.
“I punti di forza delle sacche multi dose multi prelievo emergono chiaramente dallo studio commissionato da Baxter ed effettuato da Altems – commenta Stefano Collatina, presidente e AD di Baxter – che ha confrontato in due diverse strutture italiane l’utilizzo delle metodiche tradizionali rispetto al compounding. Di fatto, la sacca prevede che tutte le attività che nella metodica tradizionale vengono effettuate nella farmacia ospedaliera, si spostino all’interno di una struttura industriale validata da AIFA, in modo tale da consentire alla farmacia ospedaliera di avere già pronto il medicinale, che va semplicemente diluito e inserito nel dispositivo di infusione. Questo consente di tagliare i tempi di ricostituzione, che in alcuni casi sono particolarmente complessi e che possono anche rischiosi per gli operatori. Riducendo le manipolazioni, riducendo il rischio e dando vita a un prodotto che può essere utilizzato senza sprechi: quando si utilizzano le fiale, i residui vengono cestinati. Questo è il valore che noi proponiamo, in linea con la raccomandazione 14 del Ministero che regola queste attività, e di fatto riducendo anche l’assorbimento di tempo da parte dell’organizzazione, laddove spesso queste attività vengono eseguite da risorse per le quali ci potrebbero essere degli impieghi a maggior valore aggiunto. Ultimo elemento, il fatto di poter essere un canale alternativo nel caso di carenze. Questa cosa si è verificata recentemente nel corso della carenza di un farmaco chemioterapico realizzato in molti protocolli, cito quello del cancro al colon, per il quale il servizio compounding è riuscito a costituire una soluzione alternativa. Oggi il servizio che forniamo comprende la ricostituzione in sacca di quattro biologici, uno che viene utilizzato prevalentemente per malattie autoimmuni sia di tipo ematologico che gastroenterologico, e gli altri tre in malattie oncologiche, anche se uno può essere utilizzato anche come terapia immuno-modulante. Ebbene, anche in questo caso i vantaggi che ho citato prima rimangono, con il tema importante che è la revisione di sprechi di un prodotto ad alto costo: è del tutto evidente che questo è importante per i prossimi biologici, che escono di brevetto e che danno luogo poi a prodotti biosimilari. L’altro aspetto da citare è che ad oggi effettivamente non tutte le strutture sono in linea con i requirements regolatori della ricostituzione prodotti, peraltro diventati un po’ più stringenti grazie a delle norme europee che disciplinano il cosiddetto Annex 1 e in questo ovviamente aumenta la sicurezza per l’operatore e per il paziente e riduce gli sprechi”.