(Reuters Health) -Le persone con epatite C potrebbero avere almeno il doppio delle probabilità di sviluppare un tumore al collo e alla testa. A ipotizzarlo è stato uno studio americano pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute. Secondo gli stessi autori, mentre il virus dell’epatite C è stato a lungo associato ad altri tipi di tumore, è la prima volta che viene dimostrato il collegamento con quello del distretto testa e collo.
Lo studio
Per lo studio, coordinato da Harrys Torres dell’University of Texas Cancer Center di Houston, i ricercatori americani hanno analizzato i dati provenienti da quasi 35mila pazienti che si sono sottoposti agli esami per riconoscere l’infezione da epatite C tra il 2004 e il 2014. Nel gruppo erano comprese 409 persone con tumore alla testa e al collo.
In totale, il 20% delle persone con un cancro a livello orofaringeo avevano anche l’epatite C, contro il 14% di quelle che avevano un tumore localizzato in altre parti dell’organismo. Dal momento che il fumo è il principale fattore di rischio per il tumore a testa e collo, i ricercatori hanno anche valutato i dati provenienti dal gruppo di controllo che comprendeva 694 persone diagnosticate con un tumore al polmone o altre neoplasie legate al fumo. Così hanno trovato che solo il 6,5% tra questo gruppo di persone aveva l’epatite C.
I risultati
Rispetto ai pazienti con altri tipi di tumore, che facevano parte del gruppo di controllo, i ricercatori hanno trovato che tra le persone con un’infezione da virus dell’epatite C, il rischio di sviluppare un tumore al distretto testa/collo era di 2,4 volte più alto per i tumori del cavo orale, due volte maggiore per le neoplasie all’orofaringe e quasi cinque volte più alto per il cancro alla laringe.Come hanno fatto notare gli stessi autori, una limitazione dello studio è stata la mancanza di un gruppo di controllo che comprendesse persone sane. Inoltre, come sottolineano Torres e colleghi, i risultati non dimostrano che il virus HCV è la causa diretta del tumore alla testa e al collo.
Fonte: National Cancer institute USA 2016
Lisa Rapaport
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)